“Una selezione che passa attraverso concorso è fatto positivo. Ben più che colmare i posti sfoltendo le graduatorie. Si ristabilisce un criterio meritocratico di cui l’Italia ha molto bisogno”. Tuttavia “Alcune cose del concorso a cattedra di Profumo non mi convincono. Anzitutto la tempistica: non era meglio concludere il Tfa permettendo ai giovani abilitati di prendere parte al concorso? La scuola così non svecchia”.
Critica pure sui criteri adottati: “Stavamo lavorando per ammodernare questi criteri. Il ministro Profumo, però, ha scadenze che van di pari passo con quelle del governo tecnico, ed era necessario dare un’accelerata. A mio parere, andrebbe valorizzata la continuità didattica, la competenza professionale e la qualità della docenza, perché la scuola torni a fare da volano per la crescita del paese. I posti a disposizione messi a concorso sono pochi rispetto alla richiesta: siamo quindi responsabili di una selezione rigorosa e puntuale. Onde evitare i ricorsi, che stanno diventando un’abitudine spiacevole”. In ogni caso per Gelmini i primi a pagare gli errori del passato sono “i docenti e gli aspiranti tali. L’inserimento nelle graduatorie era eccessivo rispetto al fabbisogno della scuola. Si era data l’illusione che le cattedre fossero infinite, e la promessa è stata disillusa. Ripeto: i posti sono pochi, e forti le spinte di chi è già nelle graduatorie e di chi si vuole abilitare. L’obiettivo di Profumo di avere insegnanti giovani, capaci e motivati è giustissimo, ma si scontra con la realtà dei fatti, ovvero che alcuni stanno aspettando da anni un posto nello Stato. Bisogna essere schietti: la scuola, con gli odierni bilanci statali, non può reggere. Il fabbisogno di docenti è limitato, ed è necessario investire sulla qualità”.
Per quanto riguarda invece l’idea di Profumo di cambiare l’indirizzo dell’ora di religione, Gelmini non ha dubbi:
“Non mi convince. È giusto il rispetto verso tutte le religioni, come insegna la Costituzione, ma la religione cattolica è un principio di identità. In un momento storico come questo, dove il paese necessita di solide basi culturali per ripartire, preoccuparsi di un’offerta che sia rivolta a tutte le religioni sminuisce il ruolo forte della cattolicità da un punto di vista sociale, storico e politico. Insomma, nel massimo rispetto della libertà di credo, l’ora di religione cattolica, a scuola, non si tocca”.