L’ultima riforma della scuola, o meglio dire l’ultimo riordino dei cicli scolastici, risale a poco più di cinque anni fa, quando a viale Trastevere sedeva Mariastella Gelmini. Una riforma, quella della Gelmini, definita lacrime e sangue; infatti nella legge 133/2008 sulla scuola si realizzò un taglio di risorse economiche di circa 8 miliardi di euro. Una parte di questi risparmi, almeno nelle intenzioni della giovane ministra bresciana, sarebbero dovuti servire per la valorizzazione della professione docente. Per vari incidenti di percorso, come quello del taglio illegittimo dei docenti di sostegno, i soldi sono serviti a salvare i docenti di sostegno tagliati, e non si è mai realizzato il progetto “Valorizza” di gelminiana memoria.
Adesso il tema della valorizzazione degli insegnanti e della loro progressione di carriera basata sul merito, torna prepotentemente di attualità con il Governo Renzi. Ora che si torna a parlare di merito, ecco intervenire sull’argomento proprio Mariastella Gelmini. L’ex ministro dell’istruzione del governo Berlusconi, rimasta famosa per la gaffe fatta dal suo ministero sul tunnel dei neutrini sfreccianti nell’autostrada sotterranea Gran Sasso – Ginevra, definisce il piano scuola di Renzi un’operazione quantitativa e non qualitativa.
La Gelmini è molto critica sulla marcia indietro fatta da Renzi per quanto riguarda l’abolizione degli scatti di anzianità. Infatti, secondo l’opinione del capogruppo alla Camera di Forza Italia, la premialità unita al merito viene meno con il ritorno agli scatti di anzianità, seppur con un sistema misto, sminuendo così lo stesso ruolo della valutazione che sembra avere ormai uno spazio molto marginale. La Gelmini parla della Buona Scuola come una semplice carta di intenti, che non troverà, per la mancanza di fondi, attuazione reale. Le risorse messe in campo, spiega Mariastella Gelmini, non riusciranno a coprire le effettive esigenze delle scuole e saranno utilizzate solamente per l’assunzione degli iscritti nelle Gae. La riforma della scuola si sta quindi trasformando in un’operazione non solo costosa ma anche inutile a risolvere il problema del precariato nella scuola e addirittura controproducente per le scuole stesse.