Mondo accademico e carriera professionale: il Gender Gap è un fenomeno che sembra ancora tutt’altro che risolto.
Nonostante i tanti passi avanti fatti dalla società odierna in tema di parità di diritti esiste ancora sia nel mondo accademico che nella carriera professionale un evidente e forte divario tra uomini e donne.
I numeri di iscrizioni ai corsi Universitari direbbero il contrario con le studentesse che ormai da dieni anni superano in termini assoluti quello degli studenti con una percentuale del 55%.
A provare a spiegare il fenomeno è Raffaella Rumiati, coordinatrice del dottorato in neuroscienze cognitive della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste e per quattro anni vicepresidente del consiglio direttivo dell’Anvu l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca., che in un articolo sul Corriere, spiega che “quando si tratta di accedere alla carriera universitaria l’Italia non è un Paese per donne”
Una forbice che si allarga sempre più mano a mano che si sale tra i professori associati e gli ordinari: se tra i dottorandi e gli assegnisti maschi e femmine possiamo parlare di percentuali pare, tra i ricercatori gli uomini salgono al 53 per cento, tra gli associati al 61 e tra gli ordinari al 75.
Di fatto le studentesse pur avendo una percentuale di abbandoni minori rispetto ai colleghi maschi e nonostante riescano a laurearsi mediamente prima si bloccano davanti al fatto di riuscire a fare carriera accademica.
Ma perché avviene tutto questo?
Prima di tutto va presa in considerazione in campo della medicina dove questo divario è fortemente presente. Presi i dati del 2019 le donne erano il 68 per cento dei laureati ma fra gli ordinari appena il 15 per cento sono donne, fra gli associati il 28 e fra i ricercatori il 43. I divari sono anche a livello geografico con forti differenze tra Nord e Sud.
Nel complesso il 31 per cento di docenti donne insegna medicina a un esercito di studentesse! E questo non rappresenta uno specchio da imitare per le giovani matricole.
Anche nell’ambito tecnico (Stem) cioè tutto ciò che comprende la scienza, tecnologia, ingegneria e la matematica il gap è addirittura un fenomeno storico dove la presenza di ragazze è in netta minoranza fra gli studenti.
Un Gap su cui si sta lavorando che risale anche ad un fattore culturale storico
Le donne sono in maggioranza fra i laureati nelle discipline umanistiche (79 per cento) i maschi sono molto più numerosi nelle materie tecniche, come ingegneria o informatica (70). Anche matematica e fisica sono un dominio maschile. Interessante è l’eccezione per le facoltà di chimica e la biologia, dove le ragazze negli ultimi anni prevalgono.
Qualcosa anche se lentamente sta cambiando se pensiamo che nel 2005 i laureati in materie STEM era del 36%, per passare al 39% del 2019.
Il fenomeno come anticipato è legato ad un approccio culturale storico in quanto le ragazze arrivano all’Università con “la convinzione di non essere brave in matematica, convinzione spesso falsata dalla prevalenza femminile nei licei classici e dai modelli distorti offerti alle superiori”.
E anche perché spesso sono gli stessi genitori a spingere le figlie a scegliere materie umanistiche perché “più adatte” ad una donna, pensiero assolutamente non corretto e da superare proprio dal punto di vista culturale.
Quali azioni suggerisce Rumiati?
Per favorire l’ingresso delle ragazze nelle facoltà STEM ci sono diversi strumenti.
Si possono avviare attività dalle di orientamento per le studentesse delle superiori per spiegare loro i contenuti di queste facoltà, sbocchi professionali, motivi e vantaggi a studiare materie tecniche. Un passaggio per eliminare il muro culturale spesso inprinting delle stesse famiglie.
Altra azione possono essere progetti di ricerca mirati, cosi come sfruttare i finanziamenti legati al Pnrr messi a disposizione per correggere il divario di genere e applicare sconti ad esempio sulle tasse universitarie come incentivo. Gli stessi finanziamenti potrebbero essere utilizzati per progetti e convegni legati alla partecipazione femminile in modo “da dare maggiore visibilità alle accademiche e incentivare così il loro avanzamento di carriera”.
Il tema della disparità di genere è stato trattato a fondo anche da Maria Teresa Morana e Simonetta Sagramora, sul focus “Le carriere femminili in ambito accademico, per la Gestione Patrimonio Informativo e Statistica del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. Come spiegato dalle autrici, scegliere un percorso STEM fornisce “quelle competenze tecnico-scientifiche maggiormente richieste dal mercato del lavoro e che in futuro quindi potranno favorire maggiori possibilità di carriera e di guadagno“. Una minor presenza di studentesse in ambito STEM conduce ad una forte disparità di genere in campo lavorativo/accademico.
Un motivo questo che già da solo dovrebbe spingere le ragazze, se ovviamente hanno interesse alle materie tecniche, a seguire percorsi accademici su materie tecniche e scientifiche.
Questo rappresenta un elemento di spinta importante per eliminare il GAP sulla carriera professionale ed accademica tra uomini e donne.
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