Nel tentativo di “aggiustare” le imprudenti esternazioni sugli alunni con disabilità e sulla necessità di formare classi apposite per loro, il generale Roberto Vannacci ha spiegato meglio il suo pensiero.
Il risultato è che “la toppa è peggio del buco”.
Il generale, infatti, ha precisato di essere favorevole non alle classi separate per i disabili ma a classi diversificate a seconda dei livelli di capacità degli alunni.
Abbiamo chiesto un commento a Raffaele Iosa, pedagogista, già ispettore scolastico e grande esperto di inclusione.
Ispettore, che ne pensa di questa “correzione di rotta” da parte di Vannacci?
Basta, non se ne può più sono solo chiacchiere da Bar Sport.
Tutta la storia della scuola italiana degli ultimi anni, seppure con fatica, ha praticato idee esattamente opposte e cioè che l’eterogeneità è un valore per l’apprendimento. La vita significa mescolarsi tra diversi e questo vale sia per la vita sociale sia per la vita di relazione, per i rapporti di lavoro e così via.
L’eterogeneità dentro la scuola è non solo un dato costituzionale ma è anche l’unico modo per salvarci; quindi considero le parole di Vannacci tipiche battute elettorali pronunciate da una persona che parla senza conoscere nulla della scuola.
Ma nell’ultimo secolo abbiamo avuto pedagogisti che hanno teorizzato le classi di livell?
Assolutamente mai, nessun paese d’Europa ha avuto grandi pedagogisti che abbiano teorizzato la separazione. I più grandi pedagogisti invece hanno teorizzato e praticato l’eterogeneità.
A meno che non si parli della pedagogia nazista degli anni trenta e quaranta che voleva la separazione dei ragazzini ebrei.
Tutta la ricerca pedagogica del ‘900 parla di mescolanza e di eterogeneità e non certo di separazione.
Basti pensare a John Dewey e a Don Milani che hanno parlato della scuola come luogo di civilizzazione e di socialità.
Insomma le classi di livello sono antidemocratiche…
Ma no, non è questo il punto; o meglio non è solo questo: le classi di livello non educano non aiutano ad imparare. Da Vygotsky in avanti abbiamo capito che i bambini e le bambine imparano nello scambio fra pari e costruiscono il loro pensiero confrontando i propri modelli esplicativi della realtà con quelli degli altri.
Per parte nostra ci permettiamo una modesta osservazione: premesso che il generale Vannacci è assolutamente libero di esprimere il proprio punto di vista su quello che ritiene opportuno, ci chiediamo però cosa direbbe se una qualsiasi maestra di primaria o un qualunque docente di storia dell’arte spiegasse a lui, che ha studiato l’arte militare, come avrebbero potuto l’aviazione e la marina americana contrastare l’attacco giapponese di Pearl Harbor.
Probabilmente il generale si farebbe due risate e direbbe: “Parlate di ciò che sapete”.
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