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Generazione Z: il lavoro è accettato solo se gratificante

Se il salario è fondamentale per svogere un lavoro, altrettanto importante è la gratifica che esso riesce a dare: la cosiddetta “Generazione Z” non sembra avere dubbi su questo concetto, come è risultato da un sondaggio svolto con 2.500 studenti delle scuole superiori che hanno partecipato alla terza edizione dell’osservatorio “Giovani e orientamento”, l’indagine condotta da Skuola.net in collaborazione con Gi Group.

I giovani, prossimi a entrare nel mercato lavoro, si distribuirebbero in questo modo: due su tre selezionano l’affinità con le proprie passioni, solo secondariamente (sei su dieci) viene l’entità dello stipendio, mentre uno su due vorrebbe poter trovare il giusto equilibrio tra vita privata e vita professionale (il cosiddetto “work-life balance”).

Anche la flessibilità di orario o location è giudicata importante se non fondamentale da ben otto studenti su dieci. Questo perché, secondo la generazione Z, lo stipendio serve soprattutto per poter costruire un progetto di vita, con o senza partner, oppure per godersi la vita viaggiando e sfruttando il tempo libero. L’articolazione preferita degli impegni lavorativi sarebbe la “settimana corta” o, in alternativa, un buon part-time.

Per il  34% degli intervistati è tuttavia importante avere gli strumenti per permettersi di mantenere una casa, una famiglia, magari con figli. Tendenza che nella componente femminile arriva al 38% delle preferenze.

Per 15% degli intervistati si profila invece la ricerca di un’opportunità che permetta soprattutto di viaggiare e scoprire il mondo e che fa il paio con l’esigenza di avere tempo libero (prioritaria per il 9%). 

Segue, per il 12% dei diplomandi, la voglia di cambiare e migliorare il mondo, per lo meno in riferimento all’ambito in cui ci si andrà a impegnare, ma anche diventare “qualcuno” nel proprio settore. 

Infine, non manca chi ambisce al benessere finanziario tout court (11%) oppure alla fama in senso assoluto (5%).

Nel dettaglio i ragazzi vorrebbero: affinità con le proprie passioni (selezionata dal 63%), stipendio (57% dei voti), equilibrio lavoro-vita privata (50%). 

E poi, nell’ordine: le prospettive di carriera (37%), l’utilità per le persone, (26%), la sicurezza sul lavoro (22%). A chiudere, meno considerati, il rispetto per l’ambiente (15%) e la riconoscibilità sociale (15%). Ma, come già accennato, distinguendo tra ragazzi e ragazze le cose possono modificarsi sensibilmente.

Queste ultime, ad esempio, portano ancora più in alto la cura delle passioni (69%) e il “work-life balance” (55%). I primi, da par loro, si concentrano in misura maggiore sulla notorietà derivante dal lavoro (19%) e sull’essere utili alla collettività (28%).

In ogni caso, sembra che per l’80% dei giovani è la vera priorità sarebbe la flessibilità nello svolgimento dei propri compiti: il 49% sostiene che è importante, il 31% addirittura fondamentale. La soluzione, eventualmente, più gradita però potrebbe stupire. Infatti, non è – come qualcuno potrebbe pensare – un lavoro totalmente a distanza, che sposi appieno la filosofia dello smart working o del nomadismo digitale: complessivamente la abbraccerebbe solo il 14% del campione. 

Il 37% vorrebbe una forma ibrida, con un’equa divisione di giornate in presenza e di giornate da remoto. Il 47% andrebbe su formulazioni intermedie, con una presenza pressoché fissa ma con turni di lavoro più brevi, come la settimana corta, di cui non a caso si sente tanto discutere in questo periodo. Anche su questa ipotetica flessibilità, però, le strade di ragazze e ragazzi tendono a separarsi: le une spingono forte sul taglio delle ore di lavorative, facendo salire il dato al 52%; gli altri sono i principali sponsor del lavoro al cento per cento a distanza, portandolo fino al 24% dei consensi.

Pasquale Almirante

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