Noi italiani, volte, siamo maestri in un’arte: su come complicare o rendere più difficili le cose facili. Che il ministro Salvini ora sollevi la questione, per ragioni politiche strumentali o meno, poco importa. Perché, come sempre, conta la sostanza.
Mi riferisco alla decisione di alcune scuole in questi anni di cancellare, nei libretti degli studenti, i riferimenti al padre e alla madre, per i più generici “genitore 1” e “genitore 2”.
Quasi a dire che, viste le complicazioni delle famiglie “allargate” o di altro tipo, al posto di mamma e papà si preferiscono i numeri. Come se la genitorialità fosse cosa di poco conto, o marginale o secondaria.
Sono temi non facili da trattare. Fonte di mille polemiche. Pensiamo alla legge sulla omofobia. Tanto che, di fronte ad alcune domande di alcuni miei studenti, ho detto che, a mio parere, la famiglia naturale non può essere ridotta al solo fatto biologico. Per le responsabilità, etiche prima che legali, che questa naturalità comporta.
Eppure la soluzione è semplicissima: “firma dei genitori o di chi ne fa le veci”.
Ma, si sa, noi amiamo le complicazioni. Che è un modo per nascondersi dietro ad una neutralità che nella vita non esiste. Appunto per la richiesta, comunque, di responsabilità.
Che poi sempre più studenti vivano in “famiglie allargate”, dove cioè uno dei due genitori non sia il genitore naturale, questo lo sappiamo bene. Ma i ruoli “naturali”, dicevo, di mamma e papà non vanno confusi e neutralizzati.
La famiglia, cioè, rimane comunque un bene. E l’esplicito e sempre evidente riconoscimento della responsabilità dei ruoli di mamma e papà è sempre prezioso. Da non rinnegare mai. Per il bene di tutti, non solo per la domanda di identità personale, ma anche per le sue implicazioni relazionali e sociali.
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