Secondo la Corte di Cassazione, sentenza n.28213 del 2020, dieci minuti di trambusto a scuola (per chi li causa) sono sufficienti a configurare il reato di «interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità» come da articolo 340 del Codice Penale, il quale recita:
Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o un servizio pubblico o un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno.
La vicenda, nata a partire dalle escandescenze di un genitore, piombato a scuola a inveire contro il personale scolastico in difesa del proprio figlio, è quanto mai comune tra i corridoi scolastici e persino dentro le aule e dunque non è da poco conto mettere un punto fermo sull’argomento: anche un’interruzione parziale o momentanea del servizio pubblico è reato. Non occore un’interruzione totale o lungamente protratta nel tempo perché si configuri la fattispecie di reato.
Afferma infatti la Corte Costituzionale:
una condotta, anche di diceci minuti, che infici la regolarità delle lezioni “pur non determinando l’interruzione o il turbamento del pubblico servizio inteso nella sua totalità, comporta comunque la compromissione del regolare svolgimento di una parte di esso”.
In altre parole, vengono rigettate quelle tesi difensive per le quali l’interruzione di pubblico servizio si configurerebbe solo qualora lo stop delle lezioni venisse provocato a danno della scuola intera e per un periodo più o meno lungo.
Scuola 1, genitori 0 per questa stavolta. Ma staremo a vedere se la sentenza sarà un deterrente per il futuro.
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