Gestire il rapporto con i genitori, negli ultimi anni, come è noto, è sempre più difficile.
L’importante è che percepiscano da subito l’autorevolezza della scuola, dei docenti, dei presidi, del personale. Autorevolezza fondata su competenza, passione, sensibilità, ma autorevolezza.
Altrimenti?
Altrimenti si rischia di scontrarsi con quelli che, prima o poi, si lasciano scappare un “ma parlo da papà”, “parlo da mamma”.
Dobbiamo, come scuole, stare attenti a coloro che chiedono e pretendono di insegnarci il mestiere.
Si può discutere di tutto, nel senso di una disponibilità alla corretta comunicazione, ma competenze, ruoli e responsabilità non sono mai delegabili.
Per cui, e chiedo venia per questa sottolineatura, non ce la faccio più a sopportare certi modi di affrontare le complessità da parte di alcuni genitori, non di tutti. Mai fare di tutta un’erba un fascio.
Ma, per questi pochi genitori, devo ammettere che non ce la faccio più ad essere paziente. Sono stato ieri ad una visita specialistica, e la tentazione di dire la mia al medico sulle mie magagne, magari con “ho letto su internet”, oppure “ai miei tempi”, era forte. Solo per vedere la sua faccia. Ma mi sono trattenuto. Per rispetto. Sarebbe stata una scorrettezza.
Da un lato chiediamo tutti competenza, metodo, merito, ruolo e responsabilità, dall’altra vediamo che domina la tuttologia, e tutti pretendono di parlare di cose che non conoscono.
Non sanno, e soprattutto non sanno di non sapere: questa è la cosa grave. Che cosa dirò e diremo ai ragazzi, fra pochi giorni, al ritorno a scuola, che studiare e sudare la giusta fatica non valgono niente? Che tutte le opinioni, essendo legittime, sono tutte vere? Ma se tutte sono vere, aggiungerò, non vuol dire che, al dunque, nessuna è vera? Nessuna è vera? Come ne veniamo fuori?
Non se ne può più.
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