In occasione del Convegno nazionale di geografi, tenuto a Novara e organizzato dall’Università Piemonte Orientale (Upo) per gli insegnanti della materia, La Stampa intervista il rettore dell’Università, Cesare Emanuel, docente di Geografia Economica, per il quale “la tradizione dei geografi si è un po’ persa per strada: i geografi se ne stanno nel loro cantuccio. Invece dovrebbero avere una funzione importante”, considerato anche che “la geografia potrebbe dare una grossa mano per disegnare al meglio le trasformazioni del territorio, seguirle e comprenderle per saperle gestire”.
Ma non è solo questo il problema, spiega il prof alla Stampa: la scuola ha ridotto le ore di geografia e ciò è “un errore, perché poi non abbiamo una cornice culturale entro cui fondare i nostri giudizi. Un esempio è la correlazione, molto banalizzata e spesso errata, che viene fatta tra confini, etnie, popoli, che non tiene conto dei cambiamenti profondi che si sono susseguiti”.
Se infatti un ragazzo viene messo di fronte a una cartina muta quasi di regola scambia “New York e Los Angeles. Molti collocavano le capitali baltiche in Siberia o al confine tra Russia e mar del Giappone”.
Bisogna dunque, conclude il professore, per il rilancio della geografia, promuovere “iniziative come il convegno: la disciplina è strettamente legata al territorio, interagisce coi suoi elementi, è essa stessa un elemento vivo”.
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