Vari sono stati i temi affrontati dal procuratore di Napoli Gratteri, durante un suo intervento svoltosi i primi di ottobre nella palestra di una scuola di Napoli, gremita da studenti e docenti. Nel suo ampio discorso, chiaro e diretto, ha messo in evidenza, tra le varie problematiche trattate (di carattere scolastico e sociale), anche la drammatica e agonizzante situazione in cui versa la geografia nella scuola italiana.
L’ha fatto con una frase lapidaria, incisiva e terribilmente vera: ”Nei concorsi c’è chi viene bocciato perché non conosce la geografia, non sa neppure dove si trova Capri.”
E’ questa l’amara verità sulle conoscenze geografiche dei nostri studenti liceali e universitari (e non solo). Del resto non può essere diversamente se, come ha recentemente affermato il prof. Morri (La sapienza) la geografia viene oggi insegnata da professori privi di serie e specifiche competenze geografiche, viene abbinata alla storia e all’educazione civica (non ha una sua autonomia) e le viene concesso, sostanzialmente, non più di un’ora alla settimana. Da qui un vergognoso analfabetismo geografico degli studenti. Di fronte a tale catastrofe il professore si dimostrava fiducioso in un radicale e positivo cambiamento a favore di un vero insegnamento della geografia.
Sì, perché Morri fa parte della Commissione per la revisione delle indicazioni nazionali (della pubblica istruzione) e si sta battendo e impegnando con forza per ridare dignità scolastica alla geografia. Spero e auspico vivamente che il Professore riesca a realizzare il suo obiettivo (sarebbe un bene per tutti). Realisticamente, però, sono un po’ scettico sulla possibilità di un ritorno onorevole della geografia sui banchi di scuola. Certo, un ritorno, perché, nella situazione attuale, potremmo affermare che questa importante disciplina è, oggi, pressoché assente dalla scuola o solo nominalmente presente. In teoria tutti esaltano la disciplina geografica.
Conoscere la geografia consente di sfruttare al massimo, in modo consapevole e sostenibile le risorse del proprio territorio, crea cittadini consapevoli dell’ambiente che li circonda e delle conseguenze che può subire per le nostre egoistiche azioni, rende più evidenti i fili che collegano tra loro luoghi distanti sul mappamondo. Altre sono poi le frasi che celebrano la grande rilevanza e l’imprescindibilità di tale materia (sottolineando lo stretto rapporto tra geografia- società- politica-progresso-salute) ma è tutta teoria e, forse, anche ipocrisia. Nella realtà la geografia nelle scuole è sottovalutata, emarginata, ghettizzata o, come già detto, esclusa. Tutto è accaduto tra il 2008 e il 2010. Il governo allora in carica, ha approvato una discutibile (direi sbagliata) riforma dell’istruzione. La geografia è stata sicuramente una delle materie che ne ha pagato il prezzo più alto.
E’ una stata una vittima di quella ‘brutale’ riforma scolastica, è stata quasi cancellata dai piani di studio. Così se prima la geografia era una materia autonoma, ampia, significativa e essenziale per la formazione dello studente, con un dignitoso spazio (in termini di ore) nel piano formativo di ogni percorso scolastico, è divenuta, da quel momento, una ‘cenerentola’ della scuola, è stata rimpicciolita, ridotta ad uno stato larvale, umiliata e ‘offesa’. Unita, insieme all’educazione civica e in posizione subalterna e sottomessa, alla storia (per un totale di tre per tre materie), le è stato concesso, sostanzialmente, soltanto un’ora (quindi un niente). Invero neppure quella, perché tre ore alla settimana sono appena sufficienti per svolgere in modo solamente adeguato il programma di storia. Infatti i libri di testo proposti dalle case editrici relativi a queste tre materie (storia, ed. civica e geografia), chiamati illusoriamente testi di ‘geo-storia’, si sono rivelati semplicemente libri di storia, ‘ornati’ (chi più chi meno) da alcune figure geografiche o da alcuni brevi articoli dall’insipido e insignificante sapore geografico.
Insomma dal 2010 possiamo affermare che lo studio della geografia è uscito dalle scuole e a nulla sono valsi gli accorati, continui e ripetuti appelli rivolti ai governi da parte dei geografi per ridare alla geografia la posizione e il ruolo che merita. Tutto inutile. Non credo che il governo attuale e quelli futuri si spenderanno più tanto a favore di questa fondamentale branca del sapere (penso, lo dico con tristezza, che non faranno nulla e, nel contempo, spero proprio di sbagliarmi). Rimane una speranza. Mi riferisco a quella terrificante e propagandistica operazione artificiale che ha creato nel 2019 una ‘specie’ di nuova disciplina (della durata di 30- 33 moduli, ben poco) indicata come “educazione alla cittadinanza” o più semplicemente educazione civica. Una pseudo-materia senza un docente (o con troppi docenti), formata dalla raccolta di ‘brandelli’ di lezioni prese dalle varie materie e poi cuciti alla “bell’ e meglio” secondo vaghe e generali linee guida, un ‘pasticciazzo’, insomma, che un improvvido governo ha attuato e che ora nessuno ha il coraggio di togliere (anzi, lo implementa). Ebbene tale maldestra ‘invenzione’ potrebbe dare più spazio alla geografia. Sì, perché quell’ora originariamente riservata, almeno in teoria, all’educazione civica e inserita nella disciplina geo-storia (tre ore alla settimana) potrebbe essere dedicata alle materie geografiche. In questo modo la geografia usufruirebbe di due ore alla settimana (pensate un po’). Ma è soltanto una vana speranza, impossibile da realizzare. Lo studio della storia richiede non un’ora, almeno tre o forse più alla settimana e la materia sacrificata rimane la geografia. Al momento è una battaglia persa, ma bisogna continuare a combattere (con ‘carta e penna’) per non dimenticare e non far dimenticare al ministero dell’Istruzione (e del merito) che la geografia non deve morire.
Andrea Ceriani
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