Virus e batteri possano influenzare la storia e addirittura modificarla? Pare proprio di sì, secondo gli storici che da tempo hanno cominciato a rileggere le vicende del passato secondo questa particolare chiave di lettura.
La causa della caduta dell’Impero austro-ungarico, sarebbe dovuta alla epidemie di colera del primo Ottocento. L’Impero –riporta Linkiesta-, indebolito dal vibrione del colera, non poté ostacolare il Risorgimento, a sua volta “ritardato” per secoli dal plasmodio della malaria.
Ma non solo, sembra pure che sarebbe stata la malaria a convincere i Sacri Collegi dei Cardinali a riservare il soglio pontificio ai soli nativi italiani, mentre la Chiesa riuscì a spodestare i Cesari con l’aiuto della Yersinia pestis, le epidemie di peste del periodo del Basso Impero che aprirono la via alle invasioni barbariche.
E sarebbe stata un’altra pestilenza, che infuriò nel Medio Oriente nel VII secolo d.C., a infiacchire i due imperi rivali, bizantino e sasanide, rendendoli incapaci di reagire all’ondata di guerrieri provenienti dal deserto arabo, resi fanatici dalla nuova fede annunciata dal profeta Maometto. Esploso grazie alla peste, però, l’Islam implode di fronte all’espansione europea proprio a partire dal XVIII secolo, in coincidenza sospetta con la conversione delle tribù del Bengala i quali portano infatti con loro, durante i pellegrinaggi alla Mecca, i vibrioni colerici endemici nel delta del Gange.
Ma ci fu pure il “genocidio preterintenzionale”, quello delle popolazioni dell’America pre-colombiana dopo il 1492. La cosiddetta scuola di Berkeley ha elaborato proiezioni secondo cui gli indigeni amerindi sarebbero passati da 90-112 milioni di persone nel 1492 a 4,5 milioni a metà del XVII secolo. Stando a questi numeri, il massacro sarebbe stato superiore sia ai 50 milioni di vittime provocate dalla pandemia di febbre spagnola del 1918, sia ai 30 milioni di morti della peste nera del XIV secolo. È vero, però, che i cadaveri della spagnola si ammucchiarono in soli quattro mesi e quelli della peste nera in quattro anni, mentre il “genocidio preterintenzionale” si sarebbe spalmato nell’arco di due secoli.
D’altra parte, anche la spagnola seguì la Prima guerra mondiale, e la peste nera fu un effetto “collaterale” delle invasioni mongole.Ma più che degli eventi bellici le grandi pandemie vanno considerate conseguenza dei movimenti di globalizzazione, nei quali i soldati in marcia sono per virus e batteri veicoli efficaci quanto e più di commercianti e turisti.
Diverso l’impatto psicologico -si legge su Linkiesta. Concentrando ingenti fortune nelle mani dei sopravvissuti, distruggendo antiche caste chiuse, migliorando il rapporto tra popolazione e risorse, annientando la vecchia “mafia intellettuale” che aveva mantenuto il latino come strumento di esclusione delle masse dalla cultura, il massacro di metà della popolazione europea, più che annichilire il Continente, valse invece a rimuovere le remore che lo tenevano ancora chiuso in se stesso, dando il via al vorticoso moto di progresso che avrebbe posto fine al Medioevo e dato inizio all’età moderna. Le malattie, dunque, possono modificare la storia, ma non sono indifferenti al contesto culturale in cui operano.
Partito dall’analisi del caso del Messico dopo la Conquista, degli storici sono arrivati a costruire un’originale griglia interpretativa che affianca il “microparassitismo” degli agenti patogeni al “macroparassitismo” delle élite dominanti.
Sia l’uno che l’altro hanno interesse a “spremere” risorse dalle loro vittime. Ma quando esagerano e le uccidono, finiscono per soccombere, a loro volta, per mancanza di “cibo”. Un esempio: in India, gli invasori ariani lasciarono il Sud agli aborigeni dravida proprio perché il clima di quell’area era troppo caldo per il loro sistema immunitario.
Secondo certi studiosi, inoltre, sarebbe stata la civiltà “europea” a conquistare il mondo perché, di tutte le aree adatte allo sviluppo dell’agricoltura, nessuna presentava una simile varietà di piante idonee all’alimentazione – in un clima temperato e in una zona vasta – come quella del Mediterraneo. Il “Mare Nostrum” dei romani, inoltre, a cavallo fra tre continenti, aveva una posizione strategica particolarmente adatta a favorire scambi di idee e conoscenze. Si aggiunga che, dei quattordici grandi mammiferi addomesticati, ben tredici sono originari dell’Eurasia o del Nord Africa, mentre le specie provenienti dall’Africa sub-sahariana rifiutano la cattività. Fu dunque l’allevamento, con l’assuefazione ai virus degli animali domestici, a dare all’uomo occidentale un vantaggio decisivo non solo dal punto di vista tecnologico ed economico, ma anche immunitario.
La mucca pazza fu interpretata come un campanello d’allarme per la deregulation di derivazione thatcheriana, e portò l’Ue a reagire a colpi di regole che potrebbero aver innescato per ripicca la febbre della Brexit. Dell’Aids si è detto che potrebbe aver posto termine al modello “libertino” che si era imposto nel ’68. Ma non solo i virus possono determinare la politica: anche viceversa.
In Cina nel 1911 l’ultima grande epidemia di peste della Storia fu innescata da un evento squisitamente politico come la proclamazione della repubblica. Il batterio della Yersinia pestis si spande infatti coi morsi di roditori infetti, o più spesso, delle pulci che vivono addosso a questi roditori. E i roditori sono particolarmente abbondanti nelle steppe della Manciuria: terra da cui la dinastia Qing nel XVII secolo era partita alla conquista della Cina, e che gli stessi Qing avevano voluto continuare a riservare alle sole tribù locali.
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