I lettori ci scrivono

Gestione della scuola italiana, nulla di nuovo sotto il sole

Leggo con una attenzione particolare alcuni articoli, in particolare, che riguardano rispettivamente il Turn Over dei Dirigenti, attraverso l’intervento della Corte dei Conti, secondo il quale dal prossimo anno i dirigenti scolastici che hanno già svolto due mandati nello stesso istituto, pari cioè a sei anni, dovrebbero essere trasferiti. E la cui risposta del nostro Ministro è il suo essere “Contrario alla durata massima degli incarichi dei presidi”, convinto che “sei anni sono pochi per avere una continuità gestionale” (La Tecnica della Scuola, 08.01.2023, nds), e l’articolo sulla disaffezione dei docenti. Una constatazione, evidente da tempo, che sa un po’ di scoperta dell’acqua calda: “In tutta Europa c’è una crisi di vocazione della professione docente. L’allarme dell’UE: “Basta con la troppa burocrazia, rischio disaffezione- la Tecnica della Scuola, 8gennaio 2023”.

Sul primo punto, e sono consapevole che quanto andrò a scrivere troverà una trincea pronta ad attaccarmi e seppellirmi, non sono in accordo con la posizione del Ministro, che inviterei a fare un giro nelle tante realtà scolastiche, e prendere atto che, talvolta, la lunga gestione dirigenziale, non è realmente un merito e una scelta positiva, e lo dico con causa di fatto, diretta e indiretta, dell’esperienza. Soprattutto nel merito di comportamenti, lontani certo dalla corruzione di cui si parlava in un altro articolo pubblicato sempre dalla rivista on line, ma che non toglie nulla al dramma tragico della gestione in alcune realtà scolastiche, tanto da constatare, talvolta, un ‘esodo pari anche al 21% dei docenti. E qui una domanda io me la porrei.

Per quanto riguarda il tema di una disaffezione da parte dei docenti, beh! non ha senso spendere ancora righe altre, perché sono righe che ripetono e si ripetono da sempre. I social e i mass media sono pieni di pubblicazioni. E tutti lo sanno, anche le pietre. – Colgo l’occasione di sottolineare che anche la questione della formazione e del percorso che si va a richiedere per coloro che desidererebbero diventare docenti apre un solco che rischia di inghiottire ogni entusiasmo e impegno, vista la mole di lavoro che si sintetizza in un aggravio di spesa per acquisire i 60 CFU richiesti. Cioè per arricchire le tasche di Istituti “amici” del potere: vedi Invalsi, che doveva essere chiuso definitivamente, perché inutile in quanto non si ha bisogno dell’Istituto per comprendere e conoscere l’amara realtà della preparazione degli studenti della scuola italiana, e che non chiude perché che fine farebbe il fabbricato occupato dallo stesso Istituto e dei suoi inquilini? Però i soldi per un dignitoso contratto stipendiale non ci sono. Mai.

Tutto questo non può che non confermare che non esiste una sostanziale differenza nella gestione della Scuola Italiana, qualunque fosse il “colore” che la governa e la gestisce. La nostra Scuola oramai vive nella costante trasformazione che ha sapore di giochi di prestigio. Invettive la cui filosofia è sempre la stessa: cambiare tutto per non cambiare nulla. Magari tante famiglie ritirassero i loro ragazzi, come la signora finlandese che denunciando il fallimento e l’invecchiamento della nostra istruzione, ha scelto di trasferirsi fuori dal nostro Paese per offrire ai suoi figli una formazione più al passo con le esigenze odierne (“Mamma finlandese “scappa” dall’Italia con i figli: Il sistema scolastico italiano è povero, non ne vale la pena, La tecnica della Scuola, 8 gennaio 2023)”. E poi parliamo di dispersione che si vuole risolvere con la presenza di un tutor (ben pagato) e di un orientamento ben più delineato.

Scusatemi, quale strada devo percorre per andare in pensione? Cioè per andare via da un mondo che non riconosco e nel quale non mi ritrovo più? Eppure, è un mondo mai vecchio, sempre presente e sempre innovativo.

Mario Santoro

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