In questi giorni, come è noto, i cancelli delle scuole si stanno riaprendo in molti paesi del mondo: come stanno reagendo le scuole di ogni grado e paese esposte alle problematiche del rientro?
Come avviene la gestione degli alunni che presentano i sintomi del virus COVID-19 e cosa succede ai compagni di classe e agli insegnanti che sono entrati in contatto con un alunno risultato positivo, e cosa si fa se viene accertato un contagio proprio a scuola?
Secondo l’OMS, Organizzione Mondiale della Sanità, le scuole devono adoperarsi a gestire prontamente i casi, in collaborazione con le autorità sanitarie locali; inoltre, chi presenta i sintomi da COVID19 non deve recarsi a scuola. In linea di massima la maggior parte dei paesi europei adotta un approccio simile quando i sintomi vengono riscontrati in classe. Il dirigente scolastico o un insegnante allontanano l’alunno dalla classe e lo isolano sotto la supervisione di un adulto, contattano i familiari perché lo vadano a prendere e raccomandano il consulto di un medico; nel frattempo, è consigliato l’isolamento fino a quando non sarà stato possibile verificare l’esito del test.
In Belgio vige la visione del “basso rischio”, per cui se un bambino che frequenta l’asilo o le scuole elementari risulta positivo al tampone, sia lui sia tutti i bambini e l’insegnante vengono considerati a basso rischio, l’insegnante non dovrà effettuare il tampone e stare in quarantena, avrà solo l’obbligo di avvisare gli altri genitori e raccomandare loro di osservare se nei 14 giorni successivi all’accertamento del caso la comparsa di sintomi.
In Danimarca i bambini da 2 a 12 anni vengono separati in “bolle protettive”, cioè piccoli gruppi che non entrano in contatto fra loro, così che in caso di contagio la “bolla” della persona contagiata si possa isolare facilmente senza che l’intera classe debba stare a casa in quarantena.
In Francia il protocollo sanitario, attivo dal 22 settembre scorso, prevede l’isolamento solo se nella classe vi sono almeno tre contagiati, solo allora la scuola dovrà avviare una procedura di tracciamento dei contatti e potrà chiedere l’isolamento degli alunni risultati positivi, così come dei loro compagni, e potrà decidere se chiudere la scuola. Per gli insegnanti, invece, la quarantena non è prevista: questo perché gli adulti indossano già la mascherina e la trasmissione del virus da bambino ad adulto non è considerata così rischiosa come quella tra adulti. L’obiettivo del nuovo protocollo sanitario è garantire alle famiglie la «continuità pedagogica» e, nel caso in cui le scuole debbano chiudere, che le attività scolastiche possano procedere anche a distanza.
In Germania si ritiene che le scuole non siano tra i luoghi dove i contagi si diffondono ampiamente, anzi la trasmissione da bambino a bambino è particolarmente bassa. Quando si accerta un contagio a scuola, si prevede l’immediato tampone e in caso la classe del contagiato è messa in quarantena.
In Gran Bretagna, dove si teme un’ondata di contagi senza precedenti, se l’alunno o il personale scolastico presentano i sintomi da COVID19 devono tornare a casa, effettuare il tampone il prima possibile e procedere con l’isolamento per almeno dieci giorni in caso di positività; inoltre chiunque abbia i sintomi COVID-19 e non possa svolgere il test altrove, si può sottoporre al test direttamente a scuola, utilizzando un kit specifico in autonomia.
In Spagna il Ministero della Salute spagnolo ha spiegato che è importante valutare il livello di rischio della comunità per stabilire se in caso di contagio sia necessario chiudere solo una parte della scuola o tutto l’istituto. La ministra dell’Istruzione Isabel Celaá ha dichiarato che le scuole verranno chiuse soltanto in caso di un aumento elevato dei contagi. Se un alunno o un membro del personale scolastico risultano positivi al coronavirus, sono tenuti a seguire le linee guida fornite dalle autorità sanitarie: una quarantena di 14 giorni se c’è stato un contatto con una persona che è risultata positiva o si convive con qualcuno che è contagiato.
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