Attualità

Giacomo Leopardi è il poeta più amato dai giovani? Perchè la semplificazione di Roberto Vecchioni non ci porta da nessuna parte

Nei primi giorni d’agosto è comparsa su La Repubblica un’intervista a Roberto Vecchioni. Tra i temi trattati, anche la vicinanza dei giovani a Giacomo Leopardi, secondo Vecchioni il poeta “più amato dai giovani. La malinconia, la tristezza, l’odio verso le ingiustizie del mondo, verso la natura lo rendono voce della sfiducia dei ragazzi negli adulti, sentimento di tutte le nuove generazioni”. Questa l’impressione del professor Vecchioni, che sarà senz’altro vera per la sua esperienza e che non discuto. La mia opinione, nata dal lavoro con i miei studenti, è che, anno dopo anno, i ragazzi (non tutti, ma quasi tutti) si sono allontanati dal nostro più grande poeta, hanno rifiutato la sua radicalità con fastidio, non comprendendo le ragioni che portavano Giacomo a scrivere ciò che ha lasciato in eredità a tutti noi.

Non è difficile spiegare esperienze così diverse: Vecchioni ha sempre insegnato nei licei classici ed io, per gran parte della mia carriera, in istituti tecnici. E abbiamo ragione tutt’e due: nelle scuole in cui istituzionalmente la cultura umanistica ha valore di per sé, gli studenti sono pronti a confrontarsi con il pensiero netto e con i versi luminosi e ardui di Leopardi. Laddove, invece, il valore strumentale dell’essere a scuola si è affermato da tempo, stabilendo che il lavoro futuro è ciò che dà senso all’apprendere, il rifiuto di Leopardi è andato di pari passo con l’adesione all’esistente, confermata da un’impostazione efficientista dei percorsi di studio professionalizzanti (le “tre I”! Inglese, Informatica, Impresa – di fatto mai tramontate) e dal corso che ha preso il mondo esterno alla scuola.

   La passione con cui il professor Vecchioni ha proposto Leopardi ai suoi studenti immagino sia stata equivalente alla mia – non dico il livello di conoscenza e di competenza, che non sono in grado di confrontare, dico la passione. Malinconia, tristezza, odio verso le ingiustizie non appartengono però, come pensa il noto cantautore, a tutti i nostri ragazzi – spiace dirlo, ma la verità va guardata in faccia.

Ho visto, nel passaggio dagli anni Novanta al Duemila, consolidarsi in molti giovani l’idea che la malinconia e la tristezza siano caratteristiche proprie del perdente, mentre nella vita bisogna vincere ed affermarsi. “Chi vuole che legga – mi disse un giorno un mio studente più sincero di altri – se non quelli che non hanno nient’altro di meglio da fare?” Molto faticoso tentare di far comprendere ai propri allievi che Leopardi non era pessimista perché brutto e gobbo, molto faticoso far comprendere il senso di uno dei più famosi giudizi critici su Giacomo: Leopardi produce l’effetto contrario a quello che si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l’amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto”.

Arduo, se non impossibile, far risuonare in orecchie assordate dal rumore di una modernità che inebetisce la domanda, commovente sopra tutte, che il pastore errante pone alla Luna o l’ironia che chiude il Dialogo dell’Islandese e della Natura. È compito dell’insegnante, si dirà, far comprendere ai propri allievi l’arte e il pensiero di un grandissimo poeta; ma è anche compito dell’insegnante giudicare cosa siano in grado di comprendere i propri studenti.

Oggi la severa e rigorosa visione leopardiana può forse essere ascoltata con interesse dagli studenti di un liceo classico, che non sono creature diverse rispetto ai loro compagni degli istituti tecnici e professionali ma che hanno gli strumenti culturali necessari per avvicinarsi ad un autore coltissimo e complesso, al cui fascino, in un passato in cui la colonizzazione delle menti (per citare Latouche) era meno intensiva, non sono sfuggite intere generazioni di giovani. Propongo al professor Vecchioni un dato statistico che non si può mettere tra parentesi: i risultati delle prove Invalsi 2023 ci dicono che “in Italiano il 51% degli studenti (-1 punto rispetto al 2022) raggiunge almeno il livello base (dal livello 3 in su)”. Quindi, il 49 per cento degli studenti non raggiunge il livello base.

Su questi risultati si è innescata una polemica e, da più parti, questa notizia è stata definita “una bufala”. Ma i dati della rilevazione parlano chiaro ed evidenziano non l’analfabetismo totale degli studenti italiani alle soglie della maturità ma una debolezza spiccata nella capacità di interpretare un articolo di giornale; figuriamoci lessico e sintassi di Leopardi. E sia ben chiaro: la mia non è certo la resa incondizionata dell’insegnante che dice “non si può fare” e butta via Leopardi per sostituirlo con qualcosa di più banale.

Anzi, la mia posizione sta proprio agli antipodi: se i ragazzi non apprezzano Leopardi cercherò di fare in modo da aprire una breccia nella loro incolpevole sordità e non userò l’arma impropria dell’autorità che mi deriva dal ruolo per affermare la grandezza del poeta: tenterò altre vie. L’ho fatto per tanti anni, senza demordere, con risultati parziali ed anche con qualche successo.

    Se oggi scrivo questo è perché sono convinta che si debba guardare alla verità effettuale, non alle cose come vorremmo che fossero, come le immaginiamo. E quindi che Leopardi sia il poeta più amato dai giovani è una semplificazione che non ci porta da nessuna parte. Più proficuo sarebbe interrogarsi sul perché tanti giovani, a priori, rifiutino, prima ancora di conoscerlo, il pensiero leopardiano. A questa domanda ho dato prima risposte frammentarie: la difficoltà nella comprensione dei testi, accompagnata dal diffuso sentimento che “con la letteratura non si mangia” sono le cause più immediate.

Ce n’è un’altra, con cui voglio chiudere questa riflessione e che fa di Leopardi un poeta che genera rifiuto (soprattutto nei giovani, professor Vecchioni; i quali giovani sono poi i lettori “forzati” di Leopardi per eccellenza; non sono molti quelli che, concluso il periodo scolastico, rileggono i Canti o le Operette morali).  In Leopardi è forte e ricorrente la consapevolezza del misero stato umano, che si unisce alla critica delle “magnifiche sorti e progressive”. Egli è davvero il poeta della modernità, della nostra modernità, di cui riesce profeticamente a cogliere gli aspetti fondamentali.

Il suo pessimismo non ripiegato su di sé vede un’unica via d’uscita per l’umanità: la solidarietà profonda, quella che porta a pensare gli uomini tutti fra se confederati e ad abbracciarli con vero amor, porgendo/ valida e pronta ed aspettando aita/ negli alterni perigli e nelle angosce/ della guerra comune. Nei tempi nostri, segnati dal narcisismo, dal consumismo, dalla retorica vuota, queste parole sono fuori corso; come monete preziose si tratta di rimetterle in circolazione e questo dovrebbe essere il compito di ogni educatore e, direi, di ogni adulto.

Ma, proprio seguendo la lezione leopardiana, non dobbiamo farla troppo semplice, nascondere la polvere sotto il tappeto ed ignorare le difficoltà: soprattutto, quando parliamo di giovani, dovremmo evitare le generalizzazioni. In Italia non esistono soltanto il liceo classico ed il liceo scientifico, i cui studenti sono il riferimento di Vecchioni e di un altro insegnante famoso, Alessandro D’Avenia, che su Leopardi ha costruito la sua fortuna di scrittore. Il cinquanta per cento degli studenti italiani frequenta un percorso di studi professionalizzante ed è all’interno di questo cinquanta per cento che dobbiamo ricercare la massa critica di quel 49% che, secondo le rilevazioni Invalsi, ha difficoltà nel comprendere un testo. Non dobbiamo trascurare questi studenti e la loro riluttanza nei confronti di Leopardi.

Ho anche la certezza che tra i liceali non siano molti quelli davvero in sintonia con il messaggio di Leopardi: se fosse il contrario, vedremmo masse di giovani muoversi contro corrente e rendere l’inattualità di Leopardi (inattualità che era tale anche ai tempi in cui visse Giacomo) un lievito destinato a trasformare in meglio questa nostra società opulenta e misera, ridondante e difettiva, luogo geometrico di tante intollerabili ingiustizie. Questa gioventù che ama Leopardi non dovrebbe disperarsi ma essere in grado, accanto a chi giovane non è più, di mantenere la ragionevolezza e la speranza pur nella consapevolezza di navigare in un mare tempestoso. Però, e non per essere superficialmente pessimista, di questa bella gioventù “confederata” e pronta a muoversi contro l’ingiustizia, vedo poche tracce.

Giovanna Lo Presti

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