Continua il dibattito intorno al rientro a scuola dei doceti no-vax che, non potendo entrare in contatto con gli alunni, dovrebbero essere impiegati in altre attività per un numero di 36 ore complessive a settimana e non più con l’orario di cattedra di 18.
A questo scopo, e per meglio rendere le difficoltà che questa operazione comporta, è stato chiesto, da parte dell’agenzia Askanews, al presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, il suo parere: “Sul ritorno a scuola dei docenti non vaccinati ci sono per lo più resistenze da parte di alcuni di loro, perchè non vogliono lavorare per 36 ore: è una criticità che si registra. D’altronde la si attendeva: l’interpretazione in base alla quale devo svolgere 36 ore è fornita dal Ministero e loro fanno appello a un certa ambiguità del decreto legge e sostengono che non sia così chiaro che debbano effettivamente lavorare per 36 ore”.
Sulle mansioni alternative all’insegnamento in classe che sono chiamati a svolgere, prosegue Giannelli, “a fare qualcosa non hanno problemi. Anche su questo però a volte è difficoltoso individuare qualcosa di utile da far fare. Quello che possono fare non stando a contatto con gli studenti ha poco a che fare con la mansione di docente: sistemazione di archivi, gestione di biblioteca, utilizzo in attività di segreteria, sono queste le cose che gli si possono far fare”.
In ogni caso, si dice da altre parti, considerato che oltre all’orario di cattedra di 18 ore a settimana, per i docenti curricolari ci sono pure le attività connesse, come la correzione e l’organizzazione dei compiti scritti, la preparazione delle lezioni, i rapporti coi genitori e così via, le 36 ore a settimana per questi docenti rientrati dopo la forzata esclusione sono del tutto coerenti con gli impegni dei loro colleghi in servizio regolare. Sicuramente tuttavia, si dovrà trovare un modo per occuparli, senza tenerli a scuola con le mani in mano, cosa che risulterebbe del tutto umiliante e fuori da qualunque logica professionale.
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