La ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, intervenendo alla giornata di apertura della 26/a edizione di “Job&Orienta”, il salone nazionale dell’ orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro, in programma fino al 26 novembre, ha avuto parole di elogio nei confronti dell’alternanza scuola-lavoro: “E’ sempre più fondamentale accorciare le distanze tra mondo della scuola e mondo del lavoro. Credo che questo governo abbia compiuto un passo gigantesco in questa direzione; l’ha fatto nel mondo della scuola con l’alternanza scuola-lavoro, l’ha fatto nell’ integrazione, inedita nel nostro paese, tra i due ministeri”.
“Perché – ha spiegato Giannini – c’è una legge, la 107, che si occupa di sviluppare la simultanea presenza di tutti i ragazzi del triennio delle scuole superiori del sapere pratico che si affianca alla conoscenza teorica. E’ quello che serve per mandare i ragazzi nel mondo del lavoro meglio orientati, per dare un colpo veramente definitivo o alla disoccupazione giovanile, che è il vero dramma del nostro tempo”.
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“I ragazzi dell’alternanza scuola lavoro sono stati quest’anno 670 mila”, ha poi precisato la ministra. “Questi studenti saranno un milione e mezzo nel prossimo biennio, questo vuol dire che fra 5 anni avremo una generazione di ragazzi italiani che ha compiuto un gigantesco passo in avanti”, grazie al “nostro codice genetico, senza copiare quello della Germania che fa riferimento al suo modello d’impresa e di scuola”. Un codice genetico, l’italiano, che “è quello delle botteghe rinascimentali dove dentro lo stesso percorso si faceva teoria e si faceva pratica”. “Il nostro è un modello che nella scuola mette allo stesso livello le 400 ore per gli istituti professionali e tecnici e le 200 ore per i licei nella valutazione del lavoro alla fine dell’anno. E questo significa ripensare la didattica”. Anche il ministro del lavoro Poletti ha detto la sua: “Imparare lavorando si può, assolutamente.
Noi dobbiamo constatare che il nostro paese ha accumulato sotto questo versante un ritardo terrificante. Perché queste scelte nel resto d’Europa le hanno fatte trent’anni fa e non si spiega come abbiamo fatto noi a non farle. Oggi questa scelta l’abbiamo fatta. Dobbiamo essere coerenti e sapere che è un grande sforzo che ha bisogno di un grande lavoro comune, perché per avere successo abbiamo bisogno della famiglie, dei ragazzi, dei docenti, delle imprese, delle istituzioni. E’ uno dei classici grandi progetti nazionali – ha concluso – che o una nazione lo prende in carico tutta o non otterrà i risultati che può raggiungere”.
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