Reduce dalla Leopolda renziana, Giannini diserta anche l’inaugurazione dell’anno accademico della facoltà romena di Medicina a Enna. Bocciata senza appello: «È semplicemente fuorilegge ».
«Allora, senza entrare in polemiche inutili che non fanno bene a nessuno: io faccio riferimento a un semplice principio dello Stato di diritto, che prevede, nel nostro Paese come in tutti quelli europei, una cosa semplice. Ovvero che chi ritiene di portare una nuova università e una nuova proposta formativa magari di grande qualità si deve sottoporre a una valutazione di quel sistema nazionale. Non è nulla di straordinario, non c’è niente di eccezionale».
«Ritengo – ha aggiunto la ministra al quotidiano La Sicilia di Catania- che valgano anche in Romania delle regole piuttosto rigorose. Ma il punto non è questo: noi siamo un Paese che ha un sistema universitario sottoposto a criteri più che decennali e legati anche al valore legale del titolo di studio. Si potrà decidere di cambiarle, ma oggi le regole sono queste. Esistono esempi eccellenti di nuove proposte accademiche che hanno passato tutto l’iter di valutazione. Non è un fattore secondario».
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«Oggi questa è la legge nazionale. Che impone il rispetto di criteri trasparenti condivisi, a tutela della qualità dell’istruzione, ma nel caso in questione mi permetto di aggiungere anche a tutela di un bene prezioso come la salute. Certamente, se un’iniziativa si fa fuori dalle normali procedure c’è il sospetto che non abbia le carte in regola».
«Dunque- ha proseguito Giannini- medicina a Enna è fuorilegge. Per quello che riguarda la garanzia di qualità, questa iniziativa si pone completamente fuori dalla legge, dai binari chiari e trasparenti che riguardano tutti gli atenei, statali e non statali. E noi abbiamo il dovere di tutelare il sistema universitario siciliano e nazionale».
E a proposito delle università della Sicilia che subiscono l’emorragia di studenti, perdendo fino al 30% di matricole, la ministra ha detto al quotidiano La Sicilia: «Io non credo che manchino al Sud, come ad esempio a Catania, delle eccellenze. Quello che non è all’altezza degli standard nazionali, come risulta dai rilevamenti, è la qualità media della ricerca e della didattica. Se guardiamo i dati standard, i soldi che lo Stato dà alle università del Sud, i finanziamenti sono in percentuale superiori. Se guardiamo le quote premiali il discorso cambia».
«È vero che noi premiamo sulla base della qualità della ricerca per quinquenni. Allora: vogliamo adeguare il sistema di valutazione, rendendolo più fluido e “updated”? Facciamolo. Ma mi lasci dire che alcuni fenomeni importanti, al Sud, sono negativi in modo vistoso: penso ad esempio all’altissima percentuale di studenti fuori corso. E questo non è un male che dipende dai fondi, ma da una macchina didattica che non stimola la carriera degli studenti. Un’autocritica che le università meridionali devono fare con l’aiuto di un sistema di valutazione perfezionato».
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