Categorie: Concorsi

Giannini: “aboliremo i concorsi” all’università. E a scuola?

“I meccanismo di selezione dei nostri docenti negli ultimi vent’anni sono stati modificati ben quattro volte. Se le regole del gioco sono state corrette ad ogni lustro, i risultati sono sempre stati uguali: proteste, ricorsi al Tar, giudizi discutibili”, dice la ministra nel corso dell’intervista.

“Credo che i concorsi locali vadano aboliti per decreto. Sono convinta che le singole università debbano poter chiamare in totale autonomia chi vogliono, rispettando ovviamente standard internazionali. Bisogna che capacità, numero e importanza di pubblicazioni siano premianti. Spero che riuscirò a fare proposte concrete prima delle vacanze estive. Finora al governo ci stiamo muovendo velocemente: abbiamo iniziato le procedure per il concorso per la scuola 2015. Ci saranno 17 mila nuove assunzioni entro il 2016. Circa la metà saranno giovani, gli altri saranno presi dalle graduatorie. Ma già l’anno prossimo prenderemo altri 6-7 mila ragazzi, già idonei perché hanno superato il concorso, molto selettivo, istituito dal mio predecessore Francesco Profumo”.
«Il sistema a cui sto pensando – ha affermato ancora – è quello di una valutazione possibile continua, senza stop and go successivi, per dare la possibilità di avere poi delle chiamate molto più dirette e autonome da parte delle università che saranno responsabilmente chiamate e giudicate sui risultati».
D’accordo Andrea Lenzi, presidente del Consiglio Universitario nazionale e docente di endocrinologia alla Sapienza a Roma: “La chiamata diretta funziona in molti Paesi. Sono necessarie però due condizioni: una valutazione ex-post del lavoro di chi viene chiamato ma anche la creazione di filtri necessari per evitare distorsioni. La qualità dei docenti non può essere misurata solo a livello locale ma devono essere create linee guida che oltre all’abilitazione permettano di avere un sistema in grado di definire criteri validi in tutt’Italia senza i quali non si può essere chiamati all’interno delle università”.
Affatto contraria l’Andu, l’associazione dei docenti universitari: “Introdurre la chiamata diretta – spiega il coordinatore Nunzio Miraglia – vorrebbe dire soltanto formalizzare quello che ora avviene in modo non ufficiale. Assicurano di volerlo fare soltanto con una valutazione dei risultati? In Italia? E dopo quanto tempo si valuterebbe il lavoro? E con quali criteri? E chi farebbe rispettare eventuali sanzioni? La chiamata diretta richiede una mentalità diversa. Noi siamo a favore di un vero concorso nazionale con commissari scelti attraverso un sorteggio”.
Come se vede, il dibattito si è aperto per quanto riguarda il reclutamento del personale docente nell’università, ma per la scuola cosa bolle nella pentola ministeriale?
Il dubbio che incomincia a serpeggiare, dopo altre dichiarazioni, è che la chiamata diretta dei docenti possa essere implementata anche a scuola. Le modalità per lo più sono noto, ma si riferiscono nelle grandi linee al famoso disegno di legge della Valentina Aprea.
Accertata la preparazione del docente, dopo il superamento del concorso (molto selettivo, come dice la ministra, grazie al suo predecessore, Profumo), si stilerebbero delle graduatorie regionali da cui le scuole sceglierebbero i loro personale. In pratica, come si sono tante volte sforzati di spiegare i sostenitori di questa nuova palingenesi dell’istruzione italiana, non accadrebbe più che siano i prof a scegliersi la scuola dove insegnare, ma al contrario, sarebbe la scuola a sceglierseli, sulla base di parametri ad essa più congeniali. Certamente ancora non sappiamo quali siano i parametri, ma, stando alle intenzioni della ministra Giannini, tutto fa suppore che varato l’esperimento universitario, subito dopo si passerebbe alla scuola. È solo una nostra sospettosa idea? Chissà.

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Pasquale Almirante

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