Lunedì 26 settembre la ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini ha tenuto un dibattito presso la Casa Italiana Zerilli- Marimò, collegato alla New York University a Manhattan.
La ministra, scrive La Voce di NY, si è messa in viaggio per gli Stati Uniti visitando i principali centri di istruzione e ricerca dell’East Coast.
Alla NYU, Giannini facendo riferimento alla sua formazione come linguista e glottologa, ha cominciato proprio menzionando i progressi fatti nell’insegnamento della lingua italiana negli Stati Uniti
Per quanto riguarda gli sviluppi nel settore educativo, Giannini ha affermato: “Le conseguenze del processo di uscita della Grand Bretagna dall’Europa non sono ancora chiare. Non si come e se proseguirà il programma di Erasmus e che opportunità saranno offerte ai ricercatori”.
Giannini ha poi messo l’accento sulle grandi responsabilità che oggi ricadono sui governi nazionali, tenuti ad affrontare sfide come il cambiamento climatico e la crescita dei flussi migratori. “Dobbiamo ripensare il modo in cui impariamo e insegniamo, introducendo nuove metodologie, per rompere un lungo periodo di stagnazione”. Per fare questo, è stata evidenziata l’importanza dei programmi di “rivoluzione tecnologica” inseriti nella scuola, il potenziamento della facoltà di pensiero critico e la necessità di coinvolgere in modo migliore gli insegnanti in tutte le fasi del processo.
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Passando alla situazione particolare delle università, Giannini, scrive la Voce di NY, ha affermato: “Dobbiamo cambiare il modello finanziario e valutativo che sta alla base delle nostre università. Dobbiamo creare un vero e proprio ecosistema per la ricerca che sia davvero efficace e attraente”. Due le iniziative usate come esempio: una chiamata internazionale da lanciare entro la fine del 2016 permetterà a 500 docenti e professori di tutto il mondo che vadano a creare, per tre anni, un ambiente di crescita per tutto il mondo universitario e il progetto Top Researchers che offrirà ai ricercatori italiani le risorse necessarie”.
“Senza destinare una buona quota di risorse e finanziamenti all’istruzione è impossibile risultare competitivi a livello internazionale” ha affermato Giannini, concludendo poi il suo intervento con un forte appello a favore del referendum costituzionale voluto dal governo Renzi, per il quale gli italiani andranno al voto il prossimo 4 dicembre: “L’Italia sta aspettando da più di vent’anni di poter cambiare per migliorare e modernizzarsi. Credo che, ora, gli italiani sceglieranno di andare avanti”.
In seguito, il direttore Albertini ha aperto il dibattito con una prima domanda riguardante le possibili soluzioni ai problemi del nepotismo e della corruzione che ancora dominano negli ambienti universitari italiani. “Il settore universitario non è più corrotto di molti altri e tutto ciò dipende da impostazioni culturali sbagliate, non da leggi ingiuste. Quello che possiamo fare è cercare di rendere il sistema più semplice e più trasparente, dando così a coloro che devono scegliere chi assumere maggiori responsabilità. La riforma Gelmini ha complicato le procedure”.
Giannini ha proseguito puntando l’accento sul fatto che ora l’assunzione nella scuola è stata resa più semplice grazie all’eliminazione del sistema stop-and-go, che permetteva di inserirsi in graduatoria solo in determinati momenti, separati magari da anni di inattività. “Dobbiamo però ricordare che, in Italia, la scuola è pubblica e in quanto tale va gestita a livello nazionale”.
Per quanto riguarda la controversa presenza del settore privato nelle scuole, Giannini ha così dichiarato: “Senza demonizzare il privato, sono fermamente convinta che proprio perchè l’istruzione è un diritto umano fondamentale, essa sia un bene pubblico e quindi noi continuiamo a gestirla come tale. Questo non significa che la scuola debba essere gestita e controllata dallo Stato, ma che lo Stato deve avere il ruolo di garante. La linea di demarcazione è fondamentale”.
Giannini ha poi precisato che “ora stiamo cambiando. Studiare all’estero non è più un’opportunità offerta solo agli studenti universitari ma sta diventando sempre più popolare anche al liceo, e stiamo cercando di incoraggiare i professori perchè riconoscano il valore umano e culturale di queste esperienze. Il solo modo per riuscire in questo, però, è fornire più autonomia alle scuole italiane. È una questione di mentalità”.
Come ultima domanda, Albertini ha domandato al ministro cosa, secondo lei, il sistema universitario americano potrebbe imparare dall’Italia e viceversa. Giannini ha risposto: “Credo in Italia dovremmo imparare ad essere più aperti. Questo significa non spaventarsi quando si hanno competizioni con studenti e professori di altri paesi e offrire la possibilità di fare più esperienze all’estero per arricchirsi. Per quanto riguarda la lezione italiana, invece, mi preoccupata la tendenza che si sta diffondendo negli Stati Uniti verso il taglio di fondi per le materie umanistiche, che invece sono fondamentali”.
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