”Digitalizzazione significa far cambiare il modello dell’insegnamento tenendo conto che i ragazzi sono nativi digitali. La mia persona in sostanza è al centro di un’operazione complessa che abbiamo cercato di fare in modo molto articolato e i sindacati interagiscono con noi per capire gli aspetti critici ma anche quelli veramente innovativi”. Le parole sono quelle del ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, intervenuto telefonicamente ad un dibattito sull’agenda digitale all’Internet festival di Pisa.
A dire il vero, Giannini avrebbe dovuto intervenire personalmente ma impegni personali improvvisi le hanno fatto declinare l’invito. All’esterno dell’arena dove si svolgeva il dibattito si erano anche radunate poche decine di contestatori dei centri sociali e della sinistra radicale, giunti per manifestare contro la riforma della scuola del Governo Renzi, ma se ne sono andati subito dopo avere appreso che Stefania Giannini non sarebbe stata presente.
”Il nostro impegno sulla digitalizzazione – ha sottolineato il Ministro – è un fatto complesso e per questo ci vuole un impegno corale. In concreto abbiamo chiesto 45 milioni per poter far sì che l’accesso a internet sia patrimonio di tutti. Se arriveranno avremmo centrato l’obiettivo”.
Insomma, anche il Ministro, come sottolineato di recente dalla Tecnica della Scuola, si rende conto dell’importanza di ampliare nelle non solo le tecnologie, ma anche e soprattutto il mezzo primario utile per farle interagire. Su questo punto siamo tutti d’accordo.
Il dubbio, piuttosto, è forte quando Giannini sembra voler indicare 45 milioni di euro come sufficienti per riuscire a far navigare ad alta velocità tutte le scuole italiane: in estate, attraverso il rapporto ‘Glocus’ è emerso che nella Penisola, dove meno del 20% delle scuole detiene la banda larga, per riuscire nell’impresa di connettere le 140mila aule scolastiche mancanti occorrerebbe una cifra circa dieci volte superiore: circa 400 milioni di euro.