Stefania Giannini a Biella per la giornata di orientamento universitario, è stata bersagliata dalle domande degli studenti.
Secondo quanto riportato dalle agenzie, la ministra, presa d’assalto dalle domande, è convinta (ma non poteva essere altrimenti) che la legge 107 sia la strada giusta perché non modifica i programmi scolastici, ma introduce alcune priorità, come le competenze digitali e le lingue straniere utili a far sentire i ragazzi italiani a proprio agio in ogni parte del mondo e indispensabili anche al prossimo concorso per insegnanti.
Ma è vero, chiede una ragazza, che la scuola è uguale a quando l’hanno frequentata i suoi genitori?
E la ministra senza imbarazzo: «È vero, anziché essere il motore dell’innovazione è stata il vagone trainato, ma abbiamo lavorato per migliorarla. Ci vorrà un po’ di tempo perché la riforma dia risultati, ma il nuovo modello sarà una scuola per tutti e una scuola per ognuno, perché ciascun bambino ha bisogno di un progetto educativo personale inserito in un contesto culturale e sociale che fa parte della storia italiana. Oggi non si può prevedere quali saranno i lavori futuri: un tempo si studiava giurisprudenza per fare l’avvocato, ragioneria per diventare contabile in un’azienda. Oggi bisogna imparare ad imparare». La legge prevede 400 ore di lavoro per chi frequenta istituti professionali e tecnici e 200 per i liceali.
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Sull’alternanza scuola lavoro e sul modello tedesco, dove i ragazzi lavorano per 3 o 4 giorni a settimana, ma sono pure retribuiti, Giannini ha risposto in modo secco: «No. Il metodo tedesco specializza presto e in modo rigido: se studi ragioneria fai lo stage in una banca, i iscriverai a Economia all’università e il tuo percorso è segnato. Noi abbiamo un tessuto economico diverso da quello tedesco, fatto non di multinazionali ma di piccole aziende che vanno sollecitate ad accogliere i ragazzi in stage. Anche la nostra cultura è diversa e l’idea è di far lavorare i ragazzi nei musei, negli enti pubblici e nel turismo affinché l’esperienza lavorativa abbia un significato non solo occupazionale ma anche culturale. Anche il lavoro in squadra (team working) aiuterà i ragazzi a capire come ci si comporta in un gruppo e come si collabora”.
Più accomodante Giannini sulla laurea triennale che non avrebbe valore nel mondo del lavoro perché equiparata a un neodiplomato: «Ci sono facoltà in cui la triennale funziona bene, in altre meno ma non sono d’accordo che sia inutile – ha detto Giannini -. Studiare serve sempre, quantomeno per avere un pensiero critico più raffinato».
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