Stefania Giannini, intervenuta agli Stati generali dell’industria alla facoltà di Economia di Roma Tre, ha detto: “Se vogliamo una società migliore, non abbiamo alternative se non capire che l’investimento nella ricerca non è soltanto compito del settore pubblico, ma va condiviso. Bisogna fare una doverosa riflessione su quanto e come rifinanziare il sistema della ricerca. Sul versante del pubblico l’obiettivo italiano nella strategia Europa 2020 era di un investimento pubblico dell’1,53 sul Pil. Siamo all’1,26, che è già un delta minimo in più rispetto al 2010, quando eravamo all’1,21, ma che è ancora lontano rispetto ai 4,5 miliardi per raggiungere l’obiettivo”.
E poi rivolgendosi agli imprenditori: “Non posso tacere che il settore privato in Italia non è più ambizioso nell’investimento e nelle azioni di stimolo alla ricerca valorizzata in campo industriale. Abbiamo molto meno dell’1% delle imprese che investono in ricerca, contro l’1,96 della Germania. L’obiettivo deve essere quello di una crescita inclusiva che si raggiunge se riusciamo a mettere insieme forze e politiche sulle ricerca e mondo dell’industria e della produzione. Dobbiamo stimolare il collegamento tra libri e cantiere. Se non ci sarà personale qualificato, le vostre aziende resteranno dove sono. Lo strumento immediato, più importante che il Governo ha per le mani è il piano nazionale per la ricerca, che tra i 2,5 miliardi di fondi nazionali e i fondi europei può contare su 12 miliardi di euro per il prossimi 7 anni. Questi fondi saranno in gran parte dedicati al capitale umano, ma anche al rapporto tra pubblico e privato, perché si tratta di una convenienza comune: investire nella possibilità di innovare il sistema. Altrimenti sarà molto difficile recuperare competitività”.
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