Vanno bene gli investimenti sull’edilizia scolastica, ha detto la ministra dell’istruzione Stefania Giannini, “ma bisogna occuparsi anche degli insegnanti e dell’università perchè il taglio di 1,1 miliardi di euro ai fondi per gli atenei è una realtà impresentabile a livello internazionale”.
E sin qui il ragionamento della ministra è del tutto consono al suo ruolo e alla sua funzione di capa dell’Istruzione. Le cose si complicano, come fa notare il Manifesto, allorchè la ministra, che è anche la segretaria di Scelta Civica, sibila: “Il governo deve rispettare l’impegno della centralità dell’istruzione se non si aumentano i fondi all’università il mio partito porrà un problema politico nel governo”.
E se le parole hanno significato, la ministra intende creare qualche problema al governo Renzi se non si provvede a rinfocolare le Università di fondi, visto che rispetto alla media dei paesi Ocse l’investimento italiano sull’istruzione è inferiore dello 0,18% e cioè 3 miliardi di euro all’anno.
Giannini fra l’altro ha pure ribadito l’impostazione manageriale, meritocratica e neoliberale tipica della governance universitaria: bisogna semplificare il reclutamento, sollecitare i fondi delle imprese, cancellare l’anomalia degli idonei senza borsa e infine collegare “la formazione umanistica al mondo del lavoro”.
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