“Se dobbiamo lavorare con la spada di Damocle delle sentenze dei giudici, sarà difficile migliorare i servizi scolastici. Ma non mi faccia dire queste cose, che poi mi licenziano”. Il riferimento della ministra è al concorso per presidi in Lombardia, alla sentenza del Tar, alle buste trasparenti e ai 360 dirigenti nel guado, anche se, noi aggiungiamo, non c’è stato mai un concorso, negli ultimi dieci anni, senza strascichi giudiziari: chi il responsabile?
Ma posizioni di politica scolastica confermate anche in riferimento alle scuole private: “Lo Stato deve garantire la qualità dell’istruzione, ma ogni famiglia deve avere la possibilità di scegliere”, e sugli scatti: “Ribadisco con forza: solo in un sistema statico come il nostro l’anzianità è l’unico modo per valorizzare la figura dell’insegnante con un aumento dello stipendio”.
“Premiare i più capaci, disponibili e preparati. I dirigenti scolastici dovrebbero avere l’autonomia per farlo e si dovrebbero assumere la responsabilità delle loro scelte. Un insegnante può essere premiato con un aumento dello stipendio, ma anche con il ruolo di coordinamento di un’area didattica”.
E il motivo per cui non si è percorsa questa strada sta sempre nella eccessiva tutela dei sindacati: “I sindacati hanno sempre preteso di tutelare tutta la categoria: non si valorizza chi ha più merito, ma si dà a tutti una garanzia minima. Tanti iscritti garantiti allo stesso modo vogliono dire più potere del sindacato. I tempi sono maturi per cambiare”.
“E il sindacato potrebbe rinnovare se stesso, diventando il garante e il custode della qualità del servizio degli insegnanti”.
Quindi punire e premiare i docenti “da una parte i più meritevoli promossi con un premio di produttività…se può trovi un’altra espressione dato che questa non è molto amata. Dall’altra si dovrebbe infrangere un tabù…Anche con sanzioni, se non viene garantito un livello minimo di qualità”.
Tuttavia il problema principe, e che fa tenere ai docenti premi e punizioni basati non sul merito ma su meccanismi clientelari, sta proprio sul “chi decide” e per Giannini a farlo deve essere “chi dirige un istituto e deve rendere conto della qualità dei servizi si dovrebbe prendere anche questa responsabilità. Gli strumenti per procedere ci sono già, ma è sempre mancata la volontà politica. Basterebbe seguire l’esempio delle università”.