Se non siamo al braccio di ferro, poco ci manca. Alla vigilia di tre scioperi nazionali, con quello centrale, il 5 maggio che potrebbe tenere chiuse davvero tante scuole, il ministro dell’Istruzione non sembra voler aprire la porta al dialogo con i promotori della protesta. Anzi, commentando a ‘Rtl Radio’ le indiscrezioni su un possibile ridimensionamento della riforma, il titolare del dicastero dell’Istruzione ha tenuto a precisare che “hanno indetto lo sciopero quelle forze che nella scuola hanno avuto finora l’unica voce autorevole e ascoltata, cioè i sindacati che hanno tutto il diritto di esprime il loro parere, ma c’è un altro mondo che è quello di 8 milioni di studenti, di 16 milioni di genitori, di 15-20 milioni di nonni che non la pensano come chi sarà in piazza il 5 maggio”.
Perchè, ha aggiunto, “non si fanno progetti culturali, riforme radicali e rivoluzionarie guardando all’individuo ma guardando alla specie e la specie della scuola
è fatta di tante componenti, non solo delle forze sindacali e degli insegnanti precari”.
Per Giannini rimane “difficilmente comprensibile vedere una reazione negativa di fronte ad un governo che per la prima volta dopo decenni inverte un processo perverso che ha tolto 80mila insegnanti dal 2009 al 2012 (quella sì che è una scuola dimezzata), che ha messo 4 miliardi freschi sul conto corrente della scuola italiana, che ha finalmente messo mano alla matassa ingarbugliata del precariato storico e, soprattutto, che dà una prospettiva mettendo in ordine quello che è il ripristino della Costituzione”.
Le parole del ministro sembrano quindi prendere le distanze dall’operato dei sindacati. Che qualora dovessero avere il seguito del personale, nei giorni dello sciopero, non avrebbero comunque il consenso dell’utenza scolastica: quella composta da studenti e rispettive famiglie. In tal caso, si andrebbe verso una spaccatura non solo tra Governo e dipendenti, ma anche tra questi e utenti della scuola.
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Il responsabile del Miur ha poi aggiunto che “tutto questo vuol dire far virare un transatlantico, è un processo che parte quest’anno e che richiederà alcuni anni per andare a regime. E’ una svolta storica e dunque non è molto comprensibile vedere reazioni negative”.
Per quanto riguarda l’approvazione della #riformabuonascuola, Giannini ha tenuto a sottolineate che stravolgere il testo, approvato dal Governo a metà marzo, “non è nelle forze di maggioranza e neanche di tutti coloro che hanno capito che per la prima volta dopo tanti, tanti anni non si gioca con la scuola ma si danno soldi, si danno insegnanti e si va nella direzione giusta”.
Per il ministro, in conclusione, il ddl “è in Parlamento, i parlamentari fanno il loro mestiere, non lo abbiamo mandato lì per gioco ma perché ci possa essere un arricchimento, un miglioramento, anche un dibattito aperto, non ho nessun timore che si scardini l’impianto”.
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