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Giappone, un alunno di 11 anni si suicida: volevano chiudere la sua scuola

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Il Giappone è un Paese lontano. Geograficamente, per la cultura e per i valori che incarnano i suoi cittadini. Che a volte superano la fantasia. O si materializzano attraverso gesti estremi, che nei Paesi occidentali non sarebbero probabilmente compresi. Come quello messo in atto da un bambino di 11 anni, che per protestare contro una decisione dell’autorità scolastica si è tolto la vita: il bimbo, racconta il sito internet dell’Asahi shimbun, s’è lanciato nel pomeriggio del 14 febbraio sotto un treno per impedire che la sua scuola elementare venisse chiusa.
“In cambio di una piccola vita, vi prego, fermato il piano di chiudere” la scuola, si legge in un biglietto che il bambino – il cui nome non è stato diffuso in ragione della giovane età – ha lasciato accanto al suo zainetto, sul marciapiede della stazione di Daito, nell’area di Osaka. Due minuti prima di lanciarsi sui binari, alle 16,25 del 14 febbraio (8,25 in Italia), il bambino ha anche inviato un sms al numero della mamma: “Grazie di tutto, vi amo tutti tanto tanto”.
Poi si è lanciato sotto un treno della linea locale della JR, le ferrovie pubbliche nipponiche. Il macchinista è riuscito a vedere il corpo che cadeva sui binari a un centinaio di metri di distanza, ha cercato disperatamente di bloccare il treno, usando il freno d’emergenza, ma lo spazio era troppo poco e non è riuscito a evitare l’impatto.
La chiusura della scuola elementare è stata decisa dalla locale Commissione istruzione, che ha preso atto del fatto che la diminuzione degli scolari ha reso superflua la presenza di tre istituti nella stessa città di Daito. Il Giappone è uno dei paesi a più rapido invecchiamento al mondo e il tasso di fertilità è tra i più limitati.
Alla decisione si erano opposti gli scolari. Il 12, l’ultimo giorno che è andato a scuola, il ragazzo era apparso “molto rattristato”, scrive l’Asahi riprendendo testimonianze di chi era presente. “Naturalmente – ha detto il padre 49enne – noi ci sentiamo responsabili per non essere riusciti a fermarlo. Tuttavia, avremmo voluto che si procedesse ascoltando la voce dei bambini. Anche noi genitori, dobbiamo ascoltare di più la voce dei bambini. Non voglio pensare che, per cambiare le cose nel mondo, debbano morire i bambini. Voglio pensare con forza che, vivendo, cambino le cose”.
Le istituzioni scolastiche, dal canto loro, non se la sono sentita di continuare per la loro strada di fronte a un gesto così estremo compiuto da un bambino. La chiusura della scuola, prevista per domenica, è stata rimandata. Se non si dovesse realizzare più, almeno si onorerebbe la memoria del piccolo suicida.