La ricerca, condotta su un campione rappresentativo di insegnanti intervistati dal 10 al 26 luglio scorso, rivela pure che nella categoria è forte la convinzione dell’opportunità di separare il contratto degli insegnanti da quello delle altre categorie non docenti che lavorano nella scuola (è favorevole il 56%).
Il problema ritenuto più importante riguarda le scarse risorse (molto importante 78%, abbastanza importante 17%), seguito dalla scarsa importanza sociale di cui gode la categoria (molto importante 71%, abbastanza importante 23%). Al terzo posto della lista nera si colloca il numero eccessivo di alunni per classe (molto importante 70%, abbastanza importante 24%). A pari merito in classifica si posizionano subito dopo il blocco degli scatti di anzianità e l’età troppo elevata per la pensione (66% molto importante, 27% abbastanza importante). Ex aequo anche per altre due note dolenti segnalate dagli insegnanti: gli stipendi troppo bassi (60% molto importante, 33% abbastanza importante) e l’inadeguatezza delle strutture e il degrado degli ambienti (59% molto importante, 34% abbastanza importante).
Per quanto riguarda il nodo della valutazione delle scuole, prevalgono i pareri favorevoli (51%), ma il fronte di chi si oppone non è esiguo (37%). A condividere il principio della valutazione sono soprattutto gli insegnanti della scuola dell’infanzia e di quella secondaria di secondo grado (60% in entrambi i casi). Una possibile spiegazione di questi dati – ha spiegato stamani il coordinatore della Gilda, Rino Di Meglio – potrebbe risiedere nella netta bocciatura inflitta dalla stragrande maggioranza dei docenti all’esperienza dei test Invalsi, giudicati dal 78% degli intervistati indicatori non utili per la valutazione delle scuole che invece per il 46% dovrebbe essere affidata a un organo composto sia da soggetti esterni che interni alla scuola.
Se costretti a scegliere tra Fondo d’istituto e scatti di anzianità, il 69% degli interpellati manterrebbe i secondi mentre l’ipotesi di un aumento delle ore di insegnamento incassa un coro pressoché unanime di no: il 91% afferma che “l’orario professionale dei docenti, comprensivo del lavoro sommerso, è già a tempo pieno e non adeguatamente retribuito”. Per quanto riguarda l’organizzazione della didattica e le funzioni gestionali, il 65% sarebbe favorevole a una proposta di legge tesa a separare i due ambiti attraverso l’istituzione del preside eletto dal collegio dei docenti con incarico a termine.
Ampio (70%) il consenso espresso in merito alla proposta della Gilda di ”ammorbidire” le regole per i pensionamenti degli insegnanti, consentendo di cumulare negli ultimi 5 anni di servizio part-time e metà pensione.
Infine, la proposta, formulata recentemente dal ministro Carrozza, di legare le progressioni di carriera e di retribuzione anche a fattori riguardanti il merito, riducendo quindi la rilevanza del parametro anzianità, è accolta positivamente da poco più della metà degli intervistati (54%), ma 3 su 10 di dichiarano contrari.
Gilda: i prof italiani mortificati, ma non rassegnati
I docenti italiani? Vivono ormai professionalmente nella mortificazione perenne. Però non si rassegnano. È questo il risultato emerso dall’indagine ”Le problematiche dell’insegnamento e percezione di alcune proposte di riforma”, realizzata dalla Swg per la Gilda e presentata il 2 settembre in una conferenza stampa Roma.
Secondo i sindacalisti, quindi, i nostri insegnanti avvertono il peso dei problemi che attanagliano la categoria, primo fra tutti la carenza di risorse, ma non ci stanno ad assistere supinamente alla deriva della loro professione.