Gino Bartali non è stato solo un ciclista indimenticabile: nell’ultimo periodo della seconda guerra mondiale, si rese artefice del salvataggio di centinaia di ebrei.
Perché tra il 1943 e il 1945, Bartali trasportò documenti falsi nel tubo della sua bicicletta, proprio per salvare tante vite umane.
Il fatto emerse solo diversi anni dopo, perché Bartali sosteneva: “Il bene si fa ma non si dice”.
Le sue gesta non sportive sono state ripercorse nel 2015 dal figlio Andrea a ReiNews24.
E non solo. “L’autunno del ’43 è stato uno dei momenti più terribili della guerra. Bartali iniziò a trasportare documenti falsi da Assisi, dove c’era una stamperia clandestina, al vescovo di Firenze che poi li distribuiva agli ebrei per farli espatriare – conferma Simone Dini Gandini, autore di La bicicletta di Bartali -. Percorreva 185 chilometri avanti e indietro in un solo giorno: se fosse stato scoperto sarebbe andato incontro alla fucilazione”.
Nel 2006 è stata conferita alla memoria di Gino Bartali, dal Presidente della Repubblica di allora Ciampi, la Medaglia d’oro al valore civile e nel 2013 gli è stata assegnata dallo Stato di Israele l’importantissima onorificenza di Giusto fra le Nazioni.
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Il 4 marzo 2017, Gino Bartali è diventato anche il nome di un istituto scolastico. Una grande festa si è svolta all’Istituto statale comprensivo Cortona 2, in provincia di Arezzo.
“E’ la prima scuola in Italia che viene intitolata a Gino Bartali e mai scelta fu più indicata”, ha detto il sindaco Francesca Basanieri.
“Bartali era veramente e profondamente legato a queste terre e a Terontola, dove ha fatto tappa più volte nel periodo tra il 1943 e il 1945. E poi – ha aggiunto – Bartali incarna un vero eroe italiano che dallo sport, a cui noi italiani siamo sempre legati, arriva all’impegno civile e alla difesa dei valori cristiani della vita”.
“Gino Bartali – ha poi ricordato riferendosi al ‘Giusto tra le Nazioni – ha effettuato ben 40 viaggi tra Firenze e Assisi, 380 chilometri andata e ritorno ogni viaggio oltre 15mila chilometri. E lo ha fatto tra il 1944 e 1945, sotto le bombe e su strade sterrate. Con il freddo e con il caldo, con il vento e con la pioggia. E tutto ciò per salvare delle vite, probabilmente più di 800”.
Chissà se anche nel percorrere quelle strade, mettendo a repentaglio la sua vita, quante volte disse il proverbiale: “l’è tutto da rifare…”.