Il diario scolastico rappresenta da anni un importante strumento per lo sviluppo in classe del team working e per l’educazione al pensiero critico.
La validità dello strumento non è mai stata in dubbio, va capito invece se il passaggio dal cartaceo al digitale ne abbia modificato l’efficacia ai fini didattici.
I primi cenni del giornalismo scolastico risalgono addirittura al 1866 con l’uscita del “Il mondragone”, un giornale “storico politico e letterario” con pubblicazione settimanale (fonte Agenda digitale). Si trattava di una rivista redatta da un collegio gesuita situato a Frascati, vicino Roma, chiamato appunto Villa Mondragone. Uscito in forma manoscritta e curato dagli stessi studenti, passò alla forma stampata rimanendo in vita fino al 1953. Nacquero negli stessi anni altri giornali dai nomi molto curiosi, tutti caratterizzati però dalla forte artigianalità e una leggera vena goliardica nonostante il rigore dell’ambiente religioso in cui erano nati.
Passando al Novecento, nel 1909, in particolare, viene stampato «L’Immensa Sventura», un numero unico del Liceo Tasso di Roma il cui ricavato contribuì alla ricostruzione di Messina colpita dal terremoto. Sul finire della Grande Guerra viene stampato a Lodi, in un istituto tecnico per ragionieri, un giornale scolastico di nome «L’Avvenire»: a fondare quel piccolo giornale di provincia fu Raimondo Manzini che dieci anni dopo diverrà direttore dell’omonimo (o quasi) giornale ‘per grandi’.
Ma il vero boom del giornalismo scolastico si registra tra gli anni Cinquanta e Sessanta con tante iniziative portate avanti non solo da scuole cattoliche ma anche da quelle laiche e quindi statali. Non solo. Se prima si trattava di esperienze che coinvolgevano prevalentemente gli adolescenti fra i sedici e i diciotto anni, ora cominciano ad essere presenti molte pubblicazioni a cura di alunni delle scuole elementari.
Oggi il panorama delle testate scolastiche è vastissimo. Scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado: tutte a loro modo si cimentano con questo strumento. C’è chi stampa il proprio giornale, chi invece lo mette in rete in formato pdf, altri, nel migliore dei casi, creano una versione interattiva e ipermediale come fanno i giornali ‘dei grandi’.
La domanda che ci poniamo è se con il passaggio al formato digitale cosa è cambiato in termini di contenuti e di valenza didattica di questo strumento?
La maggior parte delle pubblicazioni attuali sono in realtà vetrine di quelle che sono le attività a scuola, si racconta di eventi, di esperienze di laboratori, o di blog dove gli studenti si raccontano.
Sembra, quindi, almeno da questa prima analisi, che la modalità di pubblicazione non abbia influito sul contenuto di questi giornalini. Il digitale ha tradotto in bit, in sostanza, le parole stampate ma di fatto non viene sfruttato in tutte le sue enormi potenzialità il digitale come potrebbe essere quella di avere dei contenuti multimediali.
Un aspetto importante di questo strumento, se utilizzato correttamente, è l’utilizzo di tante soft-skills come la comunicazione, la socialità, la creatività e il problem solving in un gioco di ruoli dove non esiste più la differenza tra il docente-guida e lo studente redattore ma sono tutti sullo stesso piano, cosa che consente un momento di crescita reciproca.
Parlando di giornalini digitali, uno degli strumenti oggi maggiormente utilizzati dalle redazioni scolastiche è la suite applicativa “workspace for edu” di Google che mette a disposizione diversi strumenti, tra cui editor del web, strumenti di scrittura e grafica oltre a sistemi di comunicazione e condivisione di contenuti multimediali.
In definitiva, chiamarlo giornalino scolastico è quanto meno riduttivo, considerando tutti gli elementi formativi in gioco, dalle soft skills all’utilizzo di strumenti per la digitalizzazione dei contenuti. E per ultimo, ma non per importanza, da non sottovalutare il fatto che spesso gli attori principali di questi giornali sono proprio quegli studenti demotivati dalla didattica tradizionale e che invece in questi contesti senza meccanismi di valutazione ritrovano il loro ruolo di attori principali della didattica.
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