Ci accorgiamo di alcune realtà drammatiche solo quando accade qualche ricorrenza. Un anniversario che denuncia e condanna la violenza sulle donne invita ad aumentare la consapevolezza di essere ancora lontani da una società che considera uguali nei diritti l’uomo e la donna.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha indicato il 25 novembre come Giornata contro la violenza sulle donne in memoria delle sorelle Mirabal, attiviste politiche massacrate per ordine del dittatore Rafael Leònidas Trujillo nella Repubblica Dominicana.
Le violazioni sull’incolumità fisica-psicologica-sentimentale e sociale delle donne rappresentano ancora oggi un ostacolo allo sviluppo economico e alla pace del mondo. Le disuguaglianze di genere essendo presenti in ogni civiltà rappresentano la più diffusa negazione dei diritti umani. Secoli di dominazione maschile hanno permesso la diffusione di pratiche misogine lesive della dignità come valore essenziale.
Necessita un cambiamento culturale che ribaltando alcune teorie offensive della femminilità si adoperi per un futuro di armonioso rapporto tra pari che va dalla denuncia degli abusi alle ragioni del riscatto. In tal senso anche la letteratura può aiutare a liberarci da alcuni luoghi comuni semplicemente curando le parole.
In occasione di questa ricorrenza anche l’Accademia della Crusca e Zanichelli editore hanno proposto una riflessione sul genere dei nomi di mestieri e professioni, prima esclusiva prerogativa maschile, aggiungendo una declinazione al femminile grammaticalmente corretta (per esempio sindaco al femminile diventa sindaca).
Il linguaggio che utilizziamo ogni giorno ha un potere incredibile, può eliminare i pregiudizi e creare una comunità più aperta e inclusiva, ma può anche contribuire a sviluppare resistenze e barriere. Soprattutto le parole dei poeti cariche di sfumature semantiche si fanno profonde e magnetiche a volte profetiche.
Anche Rita Levi Montalcini ha dichiarato che le scoperte scientifiche non vengono dalla mente o dalla ragione ma da un’intuizione artistica.
La lotta alla discriminazione di genere passa anche attraverso la letteratura come espressione e ascolto del vissuto. La letteratura può insegnare l’amore, la gioia, la pietà, il dolore, il disincanto per i sogni calpestati, la durezza, l’indifferenza per il prossimo o l’empatia emotiva tramite il linguaggio. L’emancipazione femminile intesa come acquisizione del proprio sé in rapporto all’altro è una relazione comunicativa che si responsabilizza con la capacità di cogliere il significato nascosto delle parole: potere, sessismo, ambiguità, discriminazione, adulazione, femmina, maschilismo, violenza, femminicidio, sfruttamento.
A tali vocaboli è necessario contrapporre, nell’intento di liberare la donna da preconcetti e precomprensioni, altri termini: donna, semplicità, amore, vita, felicità, uguaglianza, rispetto, ascolto, maternità, cura, amicizia, condivisione, gentilezza. Del resto in un mondo globale dove tutto è transitorio necessita creare dei neo-logismi capaci di cogliere le profondità più segrete della nostra umanità in cammino verso la bellezza tramite la poesia con la sua capacità di stupire.
Barbara Stefanelli, vicedirettore del Corriere della sera, a proposito disse: ”la poesia serve a spostarci dallo spavento verso lo stupore. Si, lo stupore, quello stato di meraviglia che ci permette di cogliere e di raccogliere lo stupore degli altri, di coloro che ci stanno intorno”.
Lasciatemi concludere con i versi della poetessa Alda Merini che riscattò l’emarginazione tragica della sua vita con la forza inarrestabile del suo poetare: “la femminilità è come la poesia. Non si ferma a ciò che vedi ma a quello che ti lascia immaginare”.
Maria Assunta Oddi
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