Gino Cecchettin, padre di Giulia, vittima di femminicidio, ha registrato un video in occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, presso la panchina rossa della Camera dei Deputati.
Gino Cecchettin in occasione del 25 novembre
Ecco il suo discorso: “Vorrei che non fosse una giornata fine a sé stessa, ma deve essere il simbolo di un percorso valido per tutto l’anno. Portate rispetto alle donne, non solo oggi ma ogni giorno. Tutti i giorni abbiamo a che fare con femminicidi ed episodi di violenza”.
“Questo concetto non è pervasivo in tutta la società. Dovremmo perseverare a comunicare che la vita è sacra e va preservata, non bisogna interferire con la vita altrui. Speriamo di arrivare veramente a tutti gli italiani con questo messaggio”, ha concluso.
Presentazione Fondazione Giulia Cecchettin, le parole di Gino
Lo scorso lunedì 18 novembre, presso la Sala della Regina di Montecitorio, ha avuto luogo la “Presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin”. Ecco le parole del signor Cecchettin in quel frangente: “Siamo qui per dar forma concreta ad un sogno che ha un valore immenso che viene da una tragedia immane. A volte quando si affrontano sofferenze la vita ti sorprende offrendoti uno scopo nuovo. Sono qui per parlarvi di uno scopo. La Fondazione è un impegno che richiede il coinvolgimento di tutti per il benessere della società e il futuro delle nuove generazioni.”.
“In questa società tutto scorre, siamo connessi ma avvertiamo di essere tutti chiusi in noi stessi. La velocità ci allontana da quello che conta veramente. Possiamo costruire progetti completi in una cultura intrisa di indifferenza. Dobbiamo proporre modelli di relazione”.
“La morte ti fa comprendere che la vita è un soffio, non c’è tempo di recupere. Siamo in un’eterna rincorsa. Migliaia di donne vittime di violenza soffrono. Sono numeri inimmaginabili. Come possiamo restare impassibili? Non possiamo più pensare che il silenzio sia la soluzione. La Fondazione vuole dare voce a chi non può più urlare, a chi vive nella paura. A volte possono bastare le parole, un segno di speranza. Concentrarsi su sentimenti positivi aiuta”.
“Rancore e risentimento non aiutano. Ho scoperto un nuovo modo di vivere. Non ho provato rabbia verso il carnefice di mio figlio. La sera dell’udienza ho riflettuto sul nostro mondo come un ecosistema in cui ognuno può iniettare odio o amore. Possiamo cambiare la reazione agli eventi, decidendo di iniettare odio o amore. Io scelgo di far crescere l’amore, è l’unica scelta che le assomiglia. Noi dovremmo cercare di produrre empatia, amore. Invito a dare valore a ciò che conta davvero, ai sentimenti che ci aiutano a rimanere umani. Essere qui vuol dire abbracciare la volontà di cambiare. Non possiamo più voltare le spalle a chi sta peggio di noi. La Fondazione ha il compito ambizioso di educare per produrre un cambiamento e produrre un cambiamento. Empatia, rispetto, amore: sono fondamenti di una società. La violenza di genere è un fenomeno collettivo. Dobbiamo essere protagonisti di una trasformazione culturale e sociale. Il compito richiede impegno, non si tratta di quello che faremo ma di quello che tutti noi possiamo fare. Dobbiamo promuovere relazioni basate sull’ascolto. Ognuno di noi può fare la differenza”.
“Non sarà semplice, ma ogni gesto sarà un mattone. Vi chiedo di unirvi come attori di questo cambiamento per offrire un futuro migliore alle generazioni che verranno”.