Si sta svolgendo in questi giorni presso il Ministero della Cultura un ciclo di incontri con le varie categorie dello spettacolo, per definire insieme bisogni, mancanze e possibili soluzioni. Una iniziativa del sottosegretario Gianmarco Mazzi. La giornata di ieri, martedì 26 marzo, è stata dedicata al mondo del teatro. Tra i presenti Nicola Piovani, Giorgio Panariello, Luca Barbareschi, Claudia Gerini, Michele Placido e Fioretta Mari.
E proprio quest’ultima, prendendo la parola, ha lanciato una provocazione che è anche un desiderio dell’attrice e regista: “Ho fatto 75 anni di teatro e credo di poter dire che il mio sogno è quello che si venga a mettere la dizione nelle scuole italiane. Sono stufa di avere questi ragazzi dalla Calabria, dalla Puglia, dalla Sicilia, dal Veneto, da Milano che parlano così. Questo è il mio sogno, la dizione nelle scuole italiane perché i ragazzi imparino a farsi sentire, a farsi capire, perché la dizione serve solo a questo”. Il video delle dichiarazioni di Fioretta Mari è stato postato dal giornalista Sergio Fabi.
Secondo quanto riportato dal Messaggero, ecco di cosa hanno discusso gli altri personaggi dello spettacolo:
Nicola Piovani: “Nella mia vita, ho visto opere di autori con tante medaglie al petto che avevano in realtà molto poco da dire. E ho visto tanti attori, spesso comici, dannarsi l’anima in piccoli teatri. Molti grandi artisti sono morti poveri. L’arte viene prima della cultura. Per questo propongo di ribattezzare il Ministero della Cultura Ministero di Arte e Cultura”.
Michele Placido: “Negli ultimi giorni della sua vita, Albertazzi disse: se devo morire, voglio morire in teatro. Ecco, anch’io ho questo desiderio”.
Luca Barbareschi: “Negli altri Paesi europei, si fa una narrazione autoctona che significa investimento sulle risorse creative del proprio Paese. All’arte ci penseremo dopo”.
Claudia Gerini: “Bisogna dare ai ragazzi gli strumenti per mettersi in gioco, per rischiare. Sono disposta a mettermi in gioco anch’io non solo per trasmettere ai più giovani ma per imparare da loro”.
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