Caro Ministro Valditara,
il 3 dicembre è arrivato anche quest’anno, ancora una volta si parlerà, per un giorno, di disabilità in ogni ambito e del dovere di accogliere e supportare tutti, della differenza come valore, della necessità di avere più docenti di sostegno e specializzati, sentiremo ripetere tante altre frasi e buoni propositi che conosciamo bene. Sono anni che ascoltiamo gli stessi discorsi, sottolineati a più voci.
Entrando però nelle nostre scuole, cosa è cambiato negli ultimi anni in termini di inclusione scolastica? Quanto si è passati da una considerazione passiva (quale avente bisogno di supporto) ad una visione attiva del singolo, che porti a riconoscere i nostri discenti con disabilità quali persone e come tali titolari di diritti soggettivi, al pari dei compagni, cosiddetti normo?
Caro Ministro, chi le scrive è una rete di famiglie e di operatori del settore (formalmente costituita), siamo in tanti, da Predoi a Lampedusa, ci unisce il condividere una complessa quotidianità, conseguenza di una fragilità che, sotto forma di disabilità, nostro malgrado, è entrata nelle nostre case; abbiamo deciso di unirci per far sentire la nostra voce che altrimenti sarebbe risultata, individualmente, estremamente flebile e ci scambiamo quotidianamente esperienze, consigli, racconti di vita, vissuti.
Oggi, in poche parole, proviamo a raccontarLe la scuola che, ogni giorno, si trovano a vivere i nostri figli poco fortunati. Abbiamo davanti a noi, in ogni angolo del bel Paese, un panorama estremamente variegato, fatto di persone e del loro individuale sentire e di servizi di assistenza specialistica, estremamente diversificati. Operano in alcune scuole persone stupende che credono fermamente nel loro prezioso lavoro e che hanno come focus primario del loro agire educativo il singolo bambino, alunno, studente, quale parte di un contesto classe, che si adoperano in ogni modo per far emergere le individuali potenzialità (ci creda però, purtroppo, non sono la maggioranza); di fianco a loro, c’è, troppo spesso, una scuola chiusa nella sua autoreferenzialità (fenomeno accentuatosi notevolmente a valle della pandemia), poco disponibile al confronto, al dialogo ed alla costruzione congiunta di un percorso sotto forma di rete.
Solo per farLe un esempio banale: un alunno disabile, in condizione di gravità, soprattutto se intellettivo relazionale, per poter generalizzare le competenze acquisite ed esportarle nei vari contesti (è quello il suo merito vero) necessita di uniformità di approccio ma, quando quella scuola rifiuta un confronto costruttivo, derubricando quella mancanza di necessaria comunicazione con il fatto che eventuali fratture sono generate esclusivamente dal genitore invadente che vuole sostituirsi o controllare la scuola, abbiamo fallito tutti, nessun progetto educativo potrà portare validi frutti; l’uniformità di intenti, nel pieno rispetto di ruoli e funzioni di ogni anello di quella rete, è la base di un sano agire educativo.
Soprattutto per alcuni alunni, il progetto di vita (applicato uniformemente in ogni contesto) è SPERANZA DI UN MONDO MIGLIORE, migliore non solo per il singolo ma per l’intera società del domani, di quella società che deve imparare a conoscere e ad accogliere, annientando le differenze per giungere a prediligere, il merito individuale e considerato in una scala di valori individuali. Abbiamo molte scuole che rifiutano ad esempio un’osservazione clinica in classe, laddove necessaria e motivata; temono si tratti di una forma di controllo quando, in realtà, quel clinico necessita esclusivamente di osservare, dal punto di vista tecnico, il funzionamento di quell’alunno in un asset diverso da quello terapeutico dove il rapporto è 1 a 1 e fortemente influenzato dal contesto; poter individuare una problematicità in fieri, oppure analizzare il funzionamento di quel discente nell’unico contesto di socialità alla pari ed esterno alla famiglia che la scuola rappresenta, è presupposto di tempestivo e risolutivo intervento su eventuali problemi ulteriori, è anche un ottimo canale per rafforzare punti di forza non emersi in altri contesti.
Potremmo fare molti altri esempi ma ci fermiamo qui. Caro Ministro, siamo coscienti che far funzionare la “macchina scuola” è un’ impresa ardua e complessa; per risolvere però alcuni problemi non occorrono né interventi specifici, né investimenti, una semplice nota esplicativa ministeriale potrebbe già essere sufficiente a garantire uniformità nazionale per alcuni aspetti. Noi le chiediamo col cuore solo un impegno: ricostruiamo insieme quel necessario patto di corresponsabilità scuola-famiglia-rete di supporto esterna, rifocalizziamoci, il 3 dicembre sul progetto di vita di quei discenti affinché possano aspirare, con i loro mezzi ed i loro strumenti (sfruttati al meglio), ad una vera dignità di vita ed all’affermazione dei loro meriti più che dover soccombere, ogni giorno, al veder sottolineati i loro punti di debolezza.
Consiglio Direttivo e genitori aderenti a Rete SupeRare
"Nelle more dell’emissione della nota M.I.M. sui termini, modalità e presentazione delle domande, da parte…
Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una settantina di studenti di tre…
L’insegnante e scrittore Christian Raimo ripercorre con ‘La Tecnica della Scuola’ i motivi che hanno…
La rivista online La Scuola Oggi ha organizzato un dibattito pubblico sul tema “Aggressioni in…
In occasione della Giornata della Sicurezza nelle Scuole, il Ministero dell’Istruzione e del Merito d’intesa…
Nelle scuole della provincia autonoma di Trento sta per arrivare una grande novità: come annunciato…