La pandemia ha colpito violentemente la popolazione mondiale, lasciando evidenti tracce anche nella salute mentale delle persone e ampliando disagi psichici come depressione, ansia e autolesionismo non risparmiando i giovani e i bambini. La rivista scientifica Lancet, in occasione della Giornata Mondiale per la Salute Mentale, pubblica le prime stime mondiali, ovvero 53 milioni di casi in più di depressione maggiore e 76 milioni di casi in più di disturbi d’ansia nel 2020 derivanti dalla pandemia. Si tratta rispettivamente di un aumento del 28% e del 26%, cifre allarmanti. Chi ne risente di più sono le fasce più fragili della popolazione, quasi un miliardo di persone vive con un disturbo mentale nei paesi poveri.
Un giovane (18-24 anni) su 4 ha dichiarato di aver aumentato l’uso di sostanze per far fronte allo stress da Covid, e sono aumentati anche i suicidi, ogni 40 secondi una persona si toglie la vita (aumento del 16% in Giappone).
Ma le stime che fa Lancet fanno capire meglio la gravità, nel 2020 246 milioni di casi di depressione a livello globale (senza il Covid sarebbero stati 193 milioni), un aumento di 53 milioni (di cui 35 tra le donne), 374 milioni di casi di disturbi d’ansia (senza il Covid sarebbero stati 298 milioni), un aumento di 76 milioni (di cui 52 milioni tra le donne).
Dall’inizio della pandemia a un anno dopo, i sintomi depressivi sono peggiorati, negli Usa si è passati dal 27,8% al 32,8% (pre pandemia l’8,5%).
C’è poi un capitolo a parte legato ai bambini che secondo un’analisi sui dati dell’Oxford Covid Government Response Tracker hanno trascorso in media circa sei mesi totali in casa a causa del lockdown. Secondo Save the Children sono in crescita i livelli di depressione, ansia, autolesionismo e solitudine con un 83% di bambini che avverte un aumento di sentimenti negativi. Una crisi globale che potrebbe avere effetti in futuro anche catastrofici per alcuni bambini, specie quelli dei Paesi più poveri.
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