Pubblicato da Feltrinelli, il testo della grande economista Nouriel Roubini – soprannominato da molti Cassandra perché fu l’unico a prevedere con grande anticipo la crisi finanziaria del 2008 – si concentra su concomitanza, rapidità e gravità delle crisi che stanno attanagliando il pianeta.
La grande catastrofe, la tempesta perfetta che nasce dall’interazione sistemica tra le molte crisi, quella climatica in primis, è del resto al centro di molte altre riflessioni a livello planetario.
Financial Times ha inserito il termine Polycrisis, fra le parole dell’anno. Christine Lagarde, governatrice della Bce, parla di permacrisi, il capo del Fmi, Kristalina Georgieva, di “confluenza di calamità”. È la stessa idea, dice Roubini in una interessantissima intervista pubblicata su Pianeta 2030 de Il Corriere della sera.
Nell’intervista Roubini affronta alcuni dei temi che il 21 aprile sono stati al centro anche della diretta di Tecnica della scuola dedicata alla giornata della terra, tra questi ad esempio la trasversalità della dimensione ambientale che rientra in tutte le crisi che confluiscono nel rischio della grande catastrofe. Trasversalità messa in evidenza con grande chiarezza da Stefano Branca – direttore INGV di Catania – che ha sottolineato la necessità di passare dalla gestione “post” emergenza all’intervento “pre” emergenza.
Esempi molto interessanti di concreti impegni per cambiare la realtà sono stati inoltre portati da quattro giovani studenti dell’IC di Salsomaggiore Terme e del Liceo Classico Cutelli di Catania.
Al centro l’idea di comunità e di cura, che sono anche le parole chiave con cui Roubini chiude la sua intervista riflettendo sul fatto che la grande catastrofe incombente se la ride delle azioni “ambientali” delle grandi imprese che spesso non sono altro che “greenwashing e foglie di fico green”
“Ma non puoi sfuggire alla realtà – continua Roubini -. E non c’è sopravvivenza individuale. Pensare a queste cose mi ha fatto capire che la felicità non è individuale. Ho imparato a cucinare, a fare cene di Shabbat per i miei amici, abbiamo festeggiato insieme Ramadan, Capodanno cinese, Diwali indiano e Natale cristiano. La felicità deriva dal prendersi cura delle altre persone e del nostro mondo. Io mi impegno come intellettuale pubblico, utilizzando quello che Antonio Gramsci chiamava “ottimismo della speranza e pessimismo della ragione. E’ nostro compito avvertire tutti delle minacce incombenti”.
Ricreare senso si comunità, trasformare le grandi idee e i grandi appelli in azioni concrete, in stili di vita sostenibili sia a livello istituzionale che personale.
Ascoltando ieri le testimonianze di Vicenzo del Liceo Cutelli, che ha realizzato assieme ad altri un orto urbano in una piazza ridotta a parcheggio di Catania ricreando così anche nuova socialità, e le concrete scelte di vita delle studentesse di Salsomaggiore che hanno diminuito il consumo di carne, privilegiato il trasporto pubblico, scelto la sobrietà…. mi è tornata alla mente la storia del profeta Geremia.
Mentre Gerusalemme era assediata dagli eserciti di babilonesi di Nabucodonosor che l’avrebbero conquistata a breve e il profeta stesso era rinchiuso in prigione, a Geremia fu chiesto di comprare un campo nella città che sarà distrutta. Comprare un campo e con il campo il futuro diritto di riscatto.
Da allora il gesto di Geremia ha significato l’impegno profetico a dar spazio all’ottimismo della speranza. A porre gesti che dicano che un futuro diverso è possibile.
E le comunità dei ragazzi e delle ragazze delle scuole sono e devono essere questa scommessa. Questa speranza. Loro, e noi con loro, dobbiamo comprare un campo per il futuro della terra. Realizzare un orto in una piazza parcheggio per far rivivere la comunità in un pezzo di città e ristabilire l’alleanza tra uomini e ambiente.
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