Nell’ultima settimana di giugno il Comitato esecutivo della Ces, esaminando una serie di sentenze della Corte di giustizia europea in tema di lavoro nonché la direttiva del Consiglio europeo sull’orario di lavoro e, in materia di immigrazione, la direttiva sui rimpatri, ha deciso una giornata di mobilitazione per un “lavoro dignitoso” (decent work), in programma a Parigi il prossimo 7 ottobre, ma che prevede manifestazioni anche in ogni singolo Paese per la difesa delle condizioni di lavoro e dei diritti sociali fondamentali.
Ecco il testo della risoluzione con cui il Comitato esecutivo della Ces chiede all’Ue un cambiamento di rotta:
“Il Comitato esecutivo della Ces riunitosi il 24 e 25 giugno ha assunto una ferma posizione rispetto alla mancanza di progressi verso l’Europa sociale. Le recenti decisioni sulla Direttiva orario di lavoro e la sentenza della Corte di giustizia europea sul caso Lussemburgo hanno messo l’UE su una deriva pericolosa. I cittadini europei hanno l’immagine di un’Europa che attacca sistematicamente i diritti dei lavoratori, un’Europa in cui i mercati costituiscono la priorità su ogni altra cosa, percezione che è sicuramente uno dei principali motivi del ‘no’ irlandese. L’UE deve urgentemente cambiare direzione per non mettere a repentaglio il progetto europeo e allontanarsi dai propri cittadini.
La Ces ha già espresso chiaramente le proprie opinioni su questi temi, ma la recente decisione del Consiglio europeo per l’occupazione e gli affari sociali sulla Direttiva orario di lavoro e la sentenza sul caso Lussemburgo sono prova di un’ulteriore erosione del diritto del lavoro europeo. Il caso Lussemburgo è stato emblematico per più di una ragione: la Commissione europea ha attaccato uno stato membro, il Lussemburgo appunto, poiché proteggeva troppo i lavoratori. I casi precedenti (Laval, Viking e Rueffert) avevano già spianato la strada, in quanto le sentenze consideravano la contrattazione collettiva non legalmente vincolante. E’ ora assolutamente imperativo dare un altro orientamento all’UE, poiché l’Europa viene oggi percepita come fattore di regresso in quanto priva di legislazione per la protezione dei propri cittadini.
Inoltre queste decisioni sono state assunte in un contesto socio-economico in rapido peggioramento, aggravato dall’aumento dei prezzi di petrolio e cibo, che colpiscono in primo luogo le famiglie più modeste. Anche l’inflazione ha una parte in questa crisi. La deregolamentazione delle politiche a livello europeo si ritrova talvolta anche a livello nazionale, danneggiando l’aquis sociale e amplificando la comune percezione di insicurezza.
In questo contesto, che si traduce in politiche antisociali, in cui il sociale è considerato un peso, il ‘no’ al referendum irlandese è un segnale da prendere seriamente, essendo stati maggiormente gli operai ad aver votato ‘no’. Ciò nondimeno l’Eurobarometro mostra che la stragrande maggioranza degli irlandesi è a favore dell’Europa. Se ci fossero stati referendum in altri paesi ci sarebbero sicuramente stati altri ‘no’.
Il movimento sindacale europeo chiede dunque ai responsabili europei di cambiare direzione per evitare di creare una frattura con i cittadini europei e si dichiara a favore di un protocollo per il progresso sociale. La Ces sta programmando giornate di azione per l’inizio della prossima stagione (una giornata di azione internazionale avrà luogo il 7 ottobre, altre rivolte al Parlamento sull’orario di lavoro saranno fissate compatibilmente al calendario)”.