Oggi, 25 novembre, è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Si tratta di un tema più che mai attuale, viste le numerose notizie relative a violenze, fisiche e non, perpetrate nei confronti delle donne. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha voluto dire la sua in un videomessaggio.
Ecco le sue parole: “Sicurezza, libertà, dignità per ogni donna: questo è il nostro impegno. Violenze sessuali, morali, discriminazioni, vanno combattute in modo deciso ed unanime. Sono espressioni di una cultura maschilista inaccettabile. La battaglia per combatterla inizia dalla scuola”.
“Dobbiamo diffondere la cultura del rispetto ed è per questo che abbiamo introdotto fra gli obiettivi di apprendimento obbligatori e curriculari, l’educazione al rispetto verso la donna. Ed è la prima volta. Ragazze, non abbiate timore di denunciare ogni violenza e bullismo che offenda la vostra sicurezza, la vostra libertà e la vostra dignità. La scuola sarà sempre con voi”, ha concluso.
Ma perché oggi, 25 novembre, è la Giornata contro la violenza sulle donne? Come scrive La Repubblica, tutto nasce da quanto accadde il 25 novembre del 1960: la jeep su cui viaggiavano tre donne rimase vittima di un’imboscata e loro vennero bastonate, uccise, i loro corpi rimessi sull’auto che fu lanciata in un fosso per far credere che la loro morte fosse stata soltanto un’incidente.
Le tre donne si chiamavano Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, erano tre sorelle che nella Repubblica dominicana degli anni Cinquanta osarono sfidare il regime di Rafael Leonidas Trujillo. Avevano scelto un nome di battaglia: “Mariposas”, farfalle.
La loro morte non era un incidente, ma un assassinio, un triplice omicidio, anzi un triplice femminicidio. In tanti non vollero credere alla versione ufficiale e quella strage familiare segnò forse la fine della sanguinosa dittatura di Trujillo, che fu a sua volta assassinato il 30 maggio dell’anno successivo.
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999, ricorda la morte violenta delle tre Mariposas.
“Come possiamo pretendere di insegnare qualcosa ai ragazzi se le loro mamme bruciano la foto del ministro davanti al Ministero dell’Istruzione e del Merito? In questo gesto c’è la spiegazione dei tanti problemi che noi troviamo a scuola”. A dirlo è stata Anna Maria De Luca, dirigente scolastica del liceo Montessori di Roma, la scuola che è stata al centro delle polemiche per le sanzioni date a due ragazzi che hanno fatto il saluto fascista. La riflessione appare quantomeno pertinente.
Il riferimento della preside – giunto in coincidenza della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – era quanto accaduto poche ore prima davanti al ministero dell’Istruzione, dove alcune attiviste del movimento “Aracne” hanno bruciato una foto del ministro, gridando anche frasi pesanti contro il numero uno del Mim: “Valditara inchinati alle sorelle che si proteggono”; “Valditara sei un bidone di patriarcato”; “Valditara scegliti un insulto”; la sagoma di una bocca e la scritta “Valditara non esiste”, riferendosi alle parole del ministro secondo cui il patriarcato non esisterebbe più.
Il motivo? C’entrano, ancora una volta, le parole del ministro Giuseppe Valditara sulla violenza sulle donne. Ecco le parole del ministro Valditara, intervenuto con un video alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin: “Il fenomeno della violenza sulle donne si manifesta anche nella discriminazione. Consentire ad una donna di avere pari opportunità è fondamentale. Cacciari esagera quando dice che il patriarcato è morto; ma certamente è un fenomeno finito con la fine della famiglia fondata sulla gerarchia. Ci sono invece residui di machismo, che portano a considerare la donna come un oggetto. Il maschilismo si manifesta in tanti modi, anche nel catcalling”.
“Se una volta il femminicidio era frutto di una concezione proprietaria di una donna, oggi sembra più il frutto di una grave immaturità narcisistica di un maschio che non sa sopportare i no. Si parte dalle scuole ma bisogna coinvolgere le famiglie, con relazioni improntate al rispetto, la società, i social, la pubblicità. Ci sono rischi nuovi, con pratiche che offendono la donna”.
“Abbiamo di fronte due strade – ha detto il ministro riferendosi alle soluzioni contro la violenza sulle donne -, una concreta, ispirata ai valori costituzionali e un’altra ideologica. La visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato. Massimo Cacciari esagera quando dice che il patriarcato è morto 200 anni fa, ma certamente il patriarcato come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975 che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia, la famiglia fondata sull’eguaglianza. Ci sono invece residui di maschilismo, diciamo di machismo, che vanno combattuti. Non si può far finta di non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza in qualche modo discendenti dalla immigrazione illegale”.
“Oggi, nella giornata contro la violenza sulle donne, voglio ribadire che la cosa più importante è quella di insegnare il rispetto già dalla scuola dell’infanzia. Insegnare che l’amore non è mai possesso, che nessuno può pensare di possedere un’altra persona. È anche importante l’inserimento in educazione civica dell’educazione finanziaria per contrastare la violenza economica che le donne spesso subiscono, isolare la donna e renderla succube economicamente è il primo passo verso la violenza fisica. Bisogna che ci sia un impegno comune per contrastare questa vergognosa piaga della violenza sulle donne” quanto dichiara l’on. Paola Frassinetti, sottosegretario all’istruzione ed al merito.
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