In occasione della Giornata internazionale degli studenti che cade oggi, 17 novembre, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha rilasciato un comunicato. Ecco le sue parole:
“La Giornata internazionale degli studenti ci ricorda che il diritto allo studio e la libertà di espressione sono pilastri di una società libera e democratica, e che è nostro dovere esercitare e trasmettere questi valori fin dai primi anni di scuola. Questa data ci riporta alla mente l’atroce eccidio compiuto dai nazisti nell’allora Cecoslovacchia il 17 novembre 1939, culminato con la deportazione nei campi di concentramento di 1.200 ragazzi e l’uccisione di 9 persone tra studenti e professori.
“Il coraggio manifestato da quei giovani e dai loro docenti deve ispirarci per dare impulso a una scuola, realmente libera e sempre più incentrata sulla valorizzazione della persona dello studente, facendo emergere e realizzando i suoi talenti”, ha concluso Valditara.
La protesta
Come abbiamo scritto oggi gli studenti scenderanno in piazza partecipando allo sciopero europeo. Bianca Chiesa, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti, ha spiegato il perché della scelta di questa data e per quali motivi scendono in piazza a manifestare: “Il 17 novembre, giornata internazionale dello studente, ci attiveremo e scenderemo in piazza in molti paesi europei con una piattaforma comune per ribadire che vogliamo cambiare la scuola per cambiare il sistema in tutta Europa e pretendiamo di essere ascoltati, soprattutto verso le elezioni europee che si avvicinano.”
“Assieme a numerose organizzazioni da paesi di tutta Europa, come la Francia, la Danimarca, il Montenegro, la Finlandia e la Serbia, abbiamo elaborato quattro rivendicazioni comuni che vogliamo portare all’attenzione della politica europea – continua Alice Beccari, dell’esecutivo nazionale dell’Unione Degli Studenti – vogliamo innanzitutto la garanzia della gratuità dell’istruzione in tutta Europa, chiediamo un vincolo nei bilanci di tutti i paesi europei, affinché tutti gli stati membri investano almeno il 5% del loro PIL sull’istruzione”.
“Chiediamo poi maggiore decisionalità e rappresentanza nelle nostre scuole, città e a livello nazionale con i governi dei nostri paesi: vogliamo prendere parte alle decisioni che ci riguardano come studenti e giovani, per essere protagonisti del nostro presente e del nostro futuro – proseguono gli studenti – In terzo luogo chiediamo scuole sicure e tutelanti in ogni senso. Innanzitutto con investimenti massivi sull’edilizia scolastica, ma anche con misure per garantire il benessere psicologico e l’inclusività. Infine vogliamo che le nostre scuole siano luoghi in grado di produrre cambiamenti nella società e in cui si ripensi il sistema attuale. Vogliamo scuole ecologiste, transfemministe, antifasciste, antirazziste e anticapitaliste”.
Sciopero scuola oggi, 17 novembre
A scioperare, come abbiamo scritto, anche la scuola. “A poco più di un anno dall’insediamento del ministro Valditara e alla luce degli insufficienti stanziamenti nella legge di bilancio per il contratto e agli assenti fondi per il diritto allo studio – sottolinea la Flc-Cgil di Gianna Fracassi – l’idea di scuola del Governo appare sempre più povera, divisa e precaria”.
La stessa segretaria generale spiega le ragioni della protesta: “Scioperiamo per contrastare il definanziamento dei settori della conoscenza in questo Paese. Nella scuola è in atto una vera e propria spending review che si tradurrà, col dimensionamento, in un taglio lineare che rischia di sguarnire il sistema dell’istruzione soprattutto nei territori più deboli come il Sud e le aree interne. Saremo in piazza anche contro il tentativo di privatizzare interi pezzi della conoscenza tramite l’entrata dei privati nella governance degli istituti con l’introduzione della nuova filiera tecnico-professionale. Una riforma che piega alle esigenze dell’imprese il sistema dell’istruzione negandone la vera funzione che è quella di formare cittadini critici e consapevoli”.
E poi c’è il tema dei contratti pubblici: “Le risorse in legge di bilancio per rinnovare i nostri contratti sono insufficienti e non si affronta il tema della stabilizzazione dei 200 mila precari della scuola. Un lavoro stabile è un diritto per il lavoratore e garantisce continuità e qualità dell’offerta didattica”. Senza dimenticare temi più strettamente politici ma che hanno ricadute importanti sul sistema scolastico: “Scioperiamo – ricorda Fracassi – perché riteniamo ingiusto e illegittimo il disegno di autonomia differenziata che è attualmente in discussione in Parlamento e che rischia di portare a un sistema fatto di tante scuole diverse, con i diritti a geometria variabile a seconda del territorio in cui si vive”.