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Giornata mondiale contro il lavoro minorile, i dati di “Save the Children”

L’impossibilità di andare a scuola e ricevere un’istruzione adeguata, accompagnata da una condizione di estrema povertà, sono i motivi che ancora oggi permettono lo sfruttamento 218 milioni di bambini e ragazzi tra i 5 e i 17 anni: di questi, oltre la metà (126 milioni), sarebbero addirittura coinvolti in lavori pericolosi. La denuncia è dell’organizzazione mondiale ‘Save the Children’ che in occasione della giornata internazionale contro lo sfruttamento del lavoro minorile del 12 giugno ha ribadito un dato reso noto nei giorni scorsi dall’Unesco: il fenomeno dello sfruttamento minorile riguarda da vicino non solo il cosiddetto Terzo mondo ma anche i paesi “ricchi”. Solo in Italia sarebbero almeno 150 mila i minori in questa situazione.
Dei 218 milioni di minori lavoratori, 122 milioni si concentrano infatti in Asia e nell`area del Pacifico. Segue l`Africa sub-sahariana, che ne conta quasi 50 milioni, mentre in America Latina sono 5,7 milioni. Ma nei paesi industrializzati vi sarebbero non meno di 13 milioni di bambini che lavorano in condizioni di sfruttamento. Secondo ‘Save the Children’ non vi sono dubbi: “la povertà è spesso la causa principale del lavoro dei minori ed è evidente come molti ragazzi e ragazze siano costretti a lavorare per contribuire al loro sostegno e a quello della propria famiglia”. Una tendenza che diventa micidiale quanto accompagnata dell`impossibilità “di accedere a un`istruzione scolastica adeguata. In molti casi i ragazzi e le ragazze lavorano perché non ci sono scuole da frequentare o perché il sistema educativo non è di qualità e in grado di dare risposte alle loro necessità di sopravvivenza”. Inoltre, “l`atteggiamento negativo e la mancanza di preparazione tra gli insegnanti, nonché gli abusi nella scuola sono altri fattori che contribuiscono a fare sì che i ragazzi e le loro famiglie considerino il lavoro una valida alternativa all`educazione”. Infine “disuguaglianze strutturali, basate su genere, casta, ceto sociale, religione e disabilità sono elementi che possono determinare sia il tipo di lavoro che l`impegno lavorativo dei bambini. Per esempio i minori discriminati in base al genere, appartenenza etnica o disabilità sono spesso esclusi dall`accesso scolastico, andando incontro a limitate possibilità di impiego, ad eccezione delle forme di lavoro dannose e pericolose”.
In Italia le stime più aggiornate indicano i baby sfruttati (con un’età tra i 10 e i 14 anni) fra i 144 mila e il mezzo milione: comune denominatore, ancora una volta, le condizioni di povertà e la mancanza di istruzione, soprattutto al Sud. In particolare, in Italia si registrano elevati livelli di povertà minorile, ampie fasce di popolazione con titoli di studio medio-bassi, la presenza soprattutto nel meridione di famiglie numerose con più di un minore a carico, un fenomeno di dispersione scolastico-formativa rilevante soprattutto fra i minori stranieri, una notevole diffusione del lavoro nero. In tale contesto sono migliaia i bambini e gli adolescenti che lavorano, occasionalmente o in maniera continuativa, collaborando spesso in imprese a conduzione familiare, o presso terzi. Particolarmente esposti al rischio di grave sfruttamento lavorativo, sono i minori stranieri, soprattutto se giungono soli in Italia: nel loro caso si va dalle violazioni della normativa sul lavoro a situazioni estreme come la tratta e la riduzione in schiavitù a scopo di prostituzione, accattonaggio, attività illegali.
Si tratta di forme di grave sfruttamento economico e lavorativo rispetto alle quali manca un adeguato sistema di monitoraggio e idonee misure di prevenzione e tutela per i minori coinvolti. L’Italia, infatti, pur avendo ratificato nel 2000 la Convenzione ILO (International Labour Organization) n.182. sulle forme peggiori di lavoro minorile (1999), non ha ancora predisposto il Piano d`Azione in materia, così come stabilito dalla Convenzione e dalla Raccomandazione 190 ILO ad essa allegata: il Piano è uno strumento di fondamentale importanza per sviluppare strategie in grado di affrontare il problema delle peggiori forme di lavoro minorile, a partire dalla raccolta e sistematizzazione dei dati sul fenomeno fino ad approntare interventi concreti.
L’Internazionale dell’Educazione, in occasione della giornata mondiale contro il lavoro minorile, ha lanciato un appello agli organismi internazionali per l’attuazione degli obiettivi definiti nel 2000 a Dakar: acquisizione del diritto all’educazione per tutti, con particolare attenzione alle bambine e alle ragazze. “I sindacati degli insegnanti di tutto il mondo sono determinati a fare la loro parte per arrestare ogni forma di violenza contro i bambini – ha detto il segretario generale dell’Internazionale – collaborando allo sviluppo di programmi volti a mandare i bambini a scuola, perché sappiamo che un’educazione gratuita e di qualità costituisce la migliore strategia preventiva”. 
La stessa Internazionale dell’Educazione ha preparato una pubblicazione – “La raccolta del futuro: un’agricoltura senza lavoro minorile” – che fornisce informazioni, idee e progetti da utilizzare nelle scuole per aiutare gli insegnanti nella lotta contro il lavoro minorile.
Alessandro Giuliani

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