Attualità

Giornata mondiale del Braille: e se per i docenti di sostegno fosse obbligatorio impararne l’alfabeto?

Si celebra il 4 gennaio la Giornata mondiale del Braille. La data, scelta dall’Assemblea generale della Nazioni Unite nel 2018, corrisponde alla data di nascita di Louis Braille (1809 – 1852), l’inventore dell’omonimo alfabeto che da circa due secoli migliora la qualità di vita delle persone non vedenti e ipovedenti, consentendo loro di leggere e scrivere.

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito celebra la Giornata mondiale del Braille con un’esposizione, ormai permanente, presso la Biblioteca “Luigi De Gregori”. Tra i volumi in Braille esposti nella Sala della legislazione scolastica sono visionabili il carme “Dei Sepolcri” di Ugo Foscolo, un sillabario per imparare a leggere e scrivere, una raccolta di studi musicali per pianoforte e l’iconico periodico “Gennariello” – rivista dedicata ai bambini non vedenti, creata dal professore Oreste Poggiolini nel 1925 – la cui collezione storica è stata ampliata di recente con una copia moderna donata alla Biblioteca in occasione dell’ultima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino.

Al di là delle manifestazioni ed eventi previsti un po’ dappertutto nel mondo, La Giornata mondiale del Braille intende aumentare la consapevolezza dell’importanza del Braille nel contribuire alla piena realizzazione dei diritti umani per le persone non vedenti e ipovedenti: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel mondo ci sono oltre 250 milioni di persone con disabilità visiva, in Italia circa 1,5 milioni, di cui 220.000 non vedenti.

Sempre in Italia, l’ultimo Rapporto Istat sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità – pubblicato a febbraio dell’anno scorso – comunica che gli alunni non vedenti attualmente frequentanti nelle scuole italiane sono lo 0,6% nella scuola dell’infanzia, lo 0,7% nella primaria e nella secondaria di primo grado, l’1,6% nella secondaria di secondo grado.

Certo, non si tratta di numeri considerevoli (per fortuna), se pensiamo che gli studenti con disabilità intellettiva censiti dall’Istat sono il 48,3% soltanto nella secondaria di secondo grado, ma non per questo gli alunni non vedenti vanno trascurati o lasciati in secondo piano.

Proprio qualche mese fa abbiamo trattato il tema del Braille e dei docenti di sostegno chiamati ad assistere alunni non vedenti o ipovedenti, nel quale abbiamo ricordato che per diventare docenti di sostegno non è indispensabile specializzarsi nei vari linguaggi utilizzati dalle persone con disabilità.

A questo proposito, durante la sua recente visita alla storica Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita” di Monza fondata nel 1928, il ministro Valditara ha dichiarato – come si legge sul sito della Biblioteca – che il grado di civiltà di una Nazione si misura nelle capacità di inclusione, arricchimento e investimento sugli insegnanti di sostegno. Il nostro impegno, già avviato, è che diventino punto di riferimento stabile per le famiglie e per gli studenti. Insegnanti che dovranno sempre più essere specializzati proprio nelle varie forme di fragilità.

Come decodificare quest’ultima frase? Nel futuro percorso formativo degli insegnanti di sostegno sarà forse  obbligatorio imparare il Braille e la Lingua Italiana dei Segni per assistere al meglio gli alunni non vedenti o non udenti?

Gabriele Ferrante

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