Oggi, 22 aprile, è la giornata mondiale della Terra, un’ottima occasione per parlare della sua storia.
Il 7 dicembre del 1972 fu scattata dagli astronauti dell’Apollo 17 che si trovavano a 45000 km da casa una delle fotografie più importanti e celebri della storia dell’umanità, la “Blue marble”, la biglia blu. Per la prima volta e a colori veniva ritratto il nostro pianeta in tutto il suo splendore. Un punto di vista inedito che speriamo ci aiuti a comprenderne la storia e il valore.
Come disse infatti già l’astronomo seicentesco Christiaan Huygens guardare la Terra da lontano ci dovrebbe aiutare a capire cos’è il nostro pianeta e come dobbiamo considerarlo. È indubbiamente vero, perché vivere in un posto non significa affatto conoscerlo veramente. Immaginate di perdere la memoria e di dimenticarvi quand’è il vostro compleanno o ancor peggio tutta la vostra esistenza. Potreste ancora dire di conoscervi? La memoria e dunque la storia sono strumenti necessari per capire anche il nostro pianeta.
Pensate che per scoprire il suo compleanno e per avere un quadro chiaro della sua vita ci abbiamo messo molti secoli. Nel Cinquecento il testo scientifico di riferimento per studiare la terra era ancora la Bibbia. Athanasius Kircher, eclettico gesuita, effettuò studi scientifici per capire forma e caratteristiche dell’arca di Noè; mentre l’arcivescovo anglicano James Ussher lavorando sui tasti sacri dimostrò che la Terra era stata creata nel 4004 A.C., precisamente il 23 ottobre, che il diluvio universale avvenne nel 2348 mentre il messia era giunto 4000 anni dopo la creazione, quindi nel 4 A.C..
Per secoli abbiamo vissuto credendo che la Terra avesse meno di 6000 anni, che fosse stata creata, con noi e per noi in un tempo molto recente. Tuttavia, le scoperte biogeografiche: dunque i fossili, le specie sempre più numerose, i popoli delle Americhe che difficilmente trovavano posto nella narrazione biblica e il bisogno di capire e sperimentare insinuarono il dubbio che quell’idea fosse sbagliata. Sul finire del Settecento il naturalista George Louis Leclerc, conte di Buffon, ipotizzava 75.000 anni di età mentre alla fine dell’Ottocento Lord Kelvin parlava di poco più di 20 milioni di anni.
Ci vollero ancora molti studi in ambiti diversi (ad esempio la radioattività che svelò il combustibile del Sole) per arrivare alla consapevolezza che la Terra ha circa 4 miliardi è mezzo di anni, un’età 2000 volte superiore a quella ipotizzata pochi anni fa. Se riducessimo la vita del pianeta a un anno solare gli esseri umani sarebbero comparsi il 31 dicembre alle 22 e 30 circa. Capite?
Per questa ragione sono nate discipline come l’ecologia che unisce scienze umane e biologiche ad altri ambiti come ad esempio l’economia, il diritto o l’urbanistica per conoscere e risolvere i problemi derivanti dal rapporto tra gli organismi viventi e ambiente. Se pensate però che ecologisti e ambientalisti pensino solo al bene della Terra, vi sbagliate: pensano principalmente al genere umano e al suo futuro. Perché la Terra può sopravvivere senza di noi, mentre noi abbiamo bisogno della nostra “casa”. Per tornare all’inizio della nostra storia: molti astronauti dopo la loro missione condividono lo stesso pensiero: dallo spazio non si vedono confini. Se ne vede solo uno, sottilissimo: l’atmosfera che separa la vita dalla morte. Non dimentichiamolo.
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