Anche quest’anno ricorre “la giornata interazionale del docente“, voluta dall’Unesco nel 1994 per ricordare la sottoscrizione delle “raccomandazioni sullo status di insegnante” che è il perno su cui gira ogni società, proprio perché da loro, dal loro impegno, dal loro lavoro quotidiano le civiltà si sviluppano e crescono. Concetto che pochi politici capiscono, ma che è incontrovertibile.
La giornata ha infatti come “obiettivo fondamentale quello di suscitare riflessioni sul ruolo dei professionisti della formazione, sulle sfide che affrontano quotidianamente, sulle difficili condizioni di lavoro a cui sono spesso sottoposti”.
Fra l’altro, facendo riferimento alle pianificazioni delle Nazioni Unite, gli insegnanti vengono riconosciuti come soggetti chiave per l’attuazione dell’Agenda 2030 sull’educazione, dal momento che il loro “impegno è fondamentale per fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti, con l’obiettivo di incrementare il livello di alfabetizzazione globale e ridurre l’abbandono scolastico precoce, contribuendo a migliorare la vita delle persone e a raggiungere lo sviluppo sostenibile”.
Tuttavia, le grandi idealità spesso si devono scontrare con la realtà oggettiva che anno dopo anno sta relegando questa professione a una sorta di mestiere simile a qualunque altro impiegato che, oltre a costringere a riempire moduli burocratici per essere sempre di più allagati dalla burocrazia, deve rendere conto all’utenza perfino delle strategie didattiche che adopera, non già per capire come intende migliorare la preparazione degli scolari, ma per non bocciare o punire la neghittosità, la negligenza, la strafottenza e persino la maleducazione.
La vecchia figura del maestro, quello al quale tutti un tempo si riferivano per avere consigli e che si teneva come esempio da imitare, col tempo, e sotto i colpi bassi di una politica miope e raffazzona, ha perso smalto, credibilità, stima, rispetto.
Non in ogni parte e luogo sicuramente, ma certe immagini e filmati sui social mettono a nudo una verità raccapricciante, costituita perfino di insulti e insolenze.
Per questo l’insegnamento sta diventando sempre di più lavoro usurante e sempre più povero di soddisfazioni, anche se, ma questo chi gestisce la Cosa pubblica dovrebbe saperlo, contrariamente a qualunque altro lavoro, i risultati che l’insegnate può cogliere sono a lungo termine, dopo anni di lavoro continuo, di fatica, di responsabilità.
Dovrebbe saperlo e provvedere, e non solo aumentando gli stipendi, ma facendosi suo paladino e garante dei suoi servizi allo Stato, mandando al macero il precariato e le supplenze, aggiustando le scuole, ma pretendendo nello stesso tempo che il docente si sottoponga a concorsi rigorosi e verifiche in itinere.
Le società si evolvono partendo dalla scuola e la scuola è il filtro attraverso il quale ogni cittadino passa prima di diventare adulto e affrontare il mondo.
Per questo non si possono lesinare le risorse, e se alla scuola si vogliono addossare tutti i compiti e le educazioni necessarie per avere cittadini rispettosi delle leggi e dello stato, allora occorre investire, e non solo in strutture nuove ed efficienti, ma anche e soprattutto in personale idoneo, preparato alla bisogna, in grado di dare le risposte, seppure complesse, che i giovani chiedono con sempre maggiore insistenza.
E allora, festeggiando ancora una volta questa ricorrenza, l’augurio più fervido va a quei docenti che seppure fra mille difficoltà portano avanti il loro lavoro con intelligenza, creatività, impegno e onestà intellettuale.
E se si richiede studio agli alunni, più studio deve invadere il lavoro del docente, perché deve essere lui a dare il primo esempio.
Un capocordata per scalare una montagna, quella della conoscenza che è l’unica prerogativa che abbiamo oggi per non temere il futuro.
Dunque buon lavoro a tutti i colleghi e buona “Giornata” dell’insegnante da parte della Tecnica della Scuola e perché non rimanga la solita, grigia, trita celebrazione annuale.
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