Informazione, sensibilizzazione e prevenzione sono i punti cardine della Giornata Nazionale del fiocchetto lilla del 15 marzo. Istituita nel 2018 dalla presidenza del Consiglio dei Ministri, l’iniziativa nasce a supporto a chi lotta contro i Disturbi del Comportamento Alimentare (Dca).
Secondo l’Istituto superiore di sanità, anoressia, bulimia, binge eating (alimentazione incontrollata) sono patologie che affliggono oltre tre milioni di persone in Italia, di cui il 60% tra i 13 e i 25 anni. “Un aspetto davvero allarmante – dice l’Autorità garante Carla Garlatti – è che il 6% ha meno di 12 anni”. Tutti fenomeni in aumento, in particolar modo a partire dall’emergenza sanitaria dell’era Covid-19, con un repentino cambiamento dello stile di vita e delle abitudini alimentari in cui, soprattutto in età infantile, è stata registrata una drastica riduzione dell’attività fisica e un aumento del consumo di junk food.
Spesso, il cibo spazzatura fa il paio con le food-challenge, le sfide incentrate sul cibo e diventate virali sul web, in cui youtuber si strafogano di cibo di ogni tipo nel minor tempo possibile, mettendo a rischio la propria salute e innescando il rischio di emulazione tra quanti li seguono. I social network sono specchio di modelli di bellezza che puntano ad un corpo perfetto. Gambe lunghe, punto vita sottile, lineamenti regolari, senza disdegnare l’uso dei filtri, sono i canoni di bellezza standard che girano su Instagram e Tik Tok e che, non di rado, inducono, soprattutto le ragazze, a ricercare un ideale di perfezione sovradimensionato, minando l’autostima ed esacerbando l’insorgere di disturbi alimentari.
“L’abbassamento dell’età dell’insorgenza – prosegue Garlatti – può produrre conseguenze gravi nel corpo e nella mente. La stessa Società italiana di neuropsichiatria infantile ha ricordato che l’identificazione e l’intervento tempestivo e multidisciplinare sono decisivi per una prognosi efficace”. Per l’Autorità garante, è importante una diffusione capillare dei servizi assistenziali che superi le attuali carenze territoriali: “La maggior parte dei 135 centri – commenta – si concentra al Nord. Inoltre, mi colpisce ancor di più apprendere che neanche tre centri su dieci dispongono di una struttura residenziale per la riabilitazione intensiva e che il 40% delle residenze non accoglie i minori sotto i 14 anni”.
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