Quest’anno per la ricorrenza del 27 gennaio e il ricordo della Shoah è stato anche evidenziato il pericolo di sottovalutare i gravi episodi che si sono ripetutamente verificati negli ultimi mesi, comprese le aggressioni e le minacce a giornalisti da parte di gruppi fascisti e neonazisti.
Era il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche che avanzavano verso Berlino abbatterono i cancelli del lager nazista di Auschwitz, in Polonia. Ecco perché il “Giorno della memoria”, istituito dal Parlamento italiano con la legge n. 211/2000 (cinque anni prima che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite scegliesse, con risoluzione 60/7 del 2005, la stessa giornata), si celebra proprio il 27 gennaio.
Oltre che per non dimenticare la Shoah e le persecuzioni subite da tutti i deportati nei campi di concentramento, anche da omosessuali, dai sinti e dai rom, da altre minoranze e dai deportati militari e politici, nonché le leggi razziali introdotte nel nostro Paese nel 1938 dal regime fascista e firmate dall’allora re d’Italia, la ricorrenza serve pure a ricordare il ruolo di coloro che si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria incolumità hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Il ricordo di quei drammatici avvenimenti rappresenta un monito per il presente ed il futuro, in un momento in cui affiorano nuovamente in Europa preoccupanti rigurgiti nazi-fascisti (sostenuti anche da tentativi di “revisionismo” e addirittura di “negazionismo” che tendono a falsificare la storia che caratterizzò quel drammatico periodo), e permette di far maturare nei giovani un’etica della responsabilità individuale e collettiva, dando un contributo alla promozione di una cittadinanza attiva e consapevole ed alla realizzazione di una pacifica convivenza, contrastando il pregiudizio e il razzismo.
E anche in Italia, dove peraltro il ricordo più recente delle stragi fasciste (e delle connivenze) dalla fine degli anni ’60 sino ai primi anni ’80 dovrebbe essere ancora drammaticamente vivo (si spera!), diversi episodi documentano che il pericolo fascista non deve essere sottovalutato. E a tal proposito va evidenziato come siano ad esempio aumentati i casi di intimidazioni e di aggressioni a giornalisti che hanno svolto inchieste o semplicemente hanno scritto articoli sulle attività di gruppi di estrema destra.
In particolare, il pericolo di sottovalutare i gravi episodi che si sono ripetutamente verificati negli ultimi mesi, con le aggressioni e minacce a giornalisti da parte di gruppi fascisti e neonazisti, è stato evidenziato in un incontro svolto il 25 gennaio al Museo della Shoah.
“Bisogna essere svegli, alzare la barriera dell’attenzione. Fare memoria significa anche ricondurre ad oggi quei segnali importanti che dobbiamo ricordare dal passato”, ha detto Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, esprimendo solidarietà ai cronisti che raccontano gli eventi e i problemi della società, e per questo subiscono minacce e intimidazioni.
“Questa iniziativa trae spunto dal clima che lentamente si sta diffondendo nel nostro Paese. Clima che nasce dalla convinzione sbagliata di alcuni che pensano che ogni opinione abbia diritto di cittadinanza” (ad esempio sarebbe già un bel segnale applicare la legge vigente sull’apologia di fascismo, che è un reato nell’Italia repubblicana). “Ma la Costituzione, che garantisce a tutti il diritto di esprimersi, nasce antirazzista e antifascista. Molti colleghi solo per aver fatto il loro dovere sono stati colpiti da gruppi neofascisti e neonazisti. Questi non sono fenomeni di folklore e non vanno trattati come tali. Vanno invece condannati perché si tratta di tentativi di alcuni di riportare in auge quello che dal presidente Mattarella è stato definito il male assoluto”, ha ribadito il segretario generale della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana) Raffaele Lorusso, che ha aggiunto: “In Italia 19 colleghi sono sotto scorta perché minacciati dalle mafie. Purtroppo non cogliamo da parte dello Stato la stessa attenzione verso i colleghi minacciati da gruppi di ispirazione neonazista e neofascista. Chiediamo al Viminale più attenzione nei confronti di tutti i giornalisti minacciati. Oggi sono a rischio non solo l’articolo 21, ma tutti i valori della prima parte della Costituzione”.
E il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti ha affermato: “Abbiamo il dovere di fare da ‘scorta mediatica’ non solo ai colleghi minacciati, ma anche a luoghi e culture oscurati. Come giornalisti abbiamo il compito di difendere le diversità e di contrastare il linguaggio dell’odio, la violenza, le minacce, ma anche l’indifferenza”.
Peraltro, il pericolo di una “restaurazione” di destra non incombe soltanto sull’Europa: si pensi a quanto sta accadendo in diversi Paesi dell’America latina, nei quali si affermano governi autoritari, reazionari (talvolta persino espressione di presidenti omofobi e sessisti), che fanno gli interessi delle classi sociali privilegiate, a discapito delle esperienze – quasi sempre positive per la parte più povera della popolazione – del socialismo bolivariano (ma almeno questi governi di destra sono stati legittimati dalle elezioni, mentre sembra davvero inquietante la situazione in Venezuela, dove un oppositore del governo – guidato da un presidente eletto dal popolo (piaccia o no il risultato delle urne: oppure persino per gli Stati europei di consolidata tradizione democratica le elezioni valgono e sono regolari solo se le vincono coloro che sono più graditi?!) – si autoproclama presidente e innesca la miccia di una guerra civile, invece di chiedere semmai nuove elezioni e non viceversa perseguire una strada che a diversi osservatori appare un tentativo di “golpe”).
E il tutto nell’indifferenza (o persino la compiacenza) di gran parte del “mondo occidentale” (e mi riferisco all’Europa, perché sono invece chiari gli interessi di altre Nazioni), che dovrebbe ricordare il golpe nel Cile democratico del socialista Allende negli anni ‘70, con il conseguente sanguinario regime durato sino al 1990, la terribile e criminale dittatura in Argentina e cosa avveniva in altri Paesi del centro e sud America. Pare invece che anche alcuni governi europei (Francia e Germania in prima fila, insieme alla Spagna il cui premier è segretario del Psoe-Partito socialista operaio spagnolo!) siano più preoccupati di dare ultimatum al presidente Maduro che del nuovo governo brasiliano (quello del presidente che in passato non ha lesinato pesanti esternazioni sessiste ed omofobe) che “vuole militarizzare le scuole”, come leggiamo in altro articolo pubblicato su questo sito, e che vuole monitorati tramite telecamere gli insegnanti e vorrebbe istituire un canale di comunicazione anonima nelle scuole per denunciare i professori che sarebbero processati direttamente dalle procure se non si attengono alla revisione della storia della dittatura (personaggi vicini al governo ritengono “necessario cambiare i libri di storia” riguardo al periodo relativo al regime dittatoriale, tra il 1964 e il 1985, proponendo di fatto di capovolgere la realtà esaltando il regime di quegli anni bui per il Brasile); la legge ultra conservatrice proposta dall’attuale ministro dell’Istruzione brasiliano prevede anche il divieto di discutere a scuola di temi come quelli delle questioni di genere, in un clima di retorica anti-marxista
Tutto ciò dovrebbe essere inaccettabile in Paesi di consolidata democrazia come quelli europei. O forse anche in Europa si è aperta da qualche anno… la “caccia al socialista/comunista/marxista” mentre sono tollerati i “colpi di Stato degli amici degli amici” (ciò che avvenne in Ucraina nel 2014 vi istilla almeno qualche dubbio?), magari anche per meri interessi economici?!
Ma ritornando all’incontro di venerdì al Museo della Shoah, Furio Colombo, che è stato uno dei promotori della legge che ha istituito il Giorno della Memoria, è intervento evidenziando un clima con segnali molto preoccupanti, con similitudini con quello che accadde prima della Shoah, e ha mostrato preoccupazione: “Siamo ben consapevoli che se non stiamo in guardia quel che è accaduto può tornare”.
Gli studenti del liceo “Dante Alighieri” di Roma presenti all’incontro hanno letto brani tratti dalle opere di Piero Gobetti e Antonio Gramsci. Era presente anche il segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Guido D’Ubaldo, che ha sottolineato: “Bisogna riportare nelle scuole la storia e far capire che ciò che è accaduto non deve ripetersi”.
Essendo la scuola il luogo più idoneo per trasmettere alle nuove generazioni l’importanza della memoria e per diffondere i valori contenuti nella Carta costituzionale e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, gli istituti di ogni ordine e grado sono invitati a dare ampio spazio a iniziative, cerimonie, momenti di riflessione (anche nei giorni successivi al 27 gennaio, soprattutto tenendo conto che quest’anno la “Giornata” coincide con una domenica), al fine di mantenere vigile la memoria per impedire che la tragedia del nazi-fascismo e gli orrori delle deportazioni e dell’Olocausto possano ripetersi.
Tra le tante iniziative collegate al “Giorno della Memoria” ricordiamo la mostra “1938 La storia”, già allestita a Modena all’interno della Fondazione San Filippo Neri e curata dalla Fondazione Museo della Shoah di Roma, che dal 26 gennaio viene presentata (sino al 10 marzo) anche a Bologna presso il Museo Ebraico. Si tratta di un percorso espositivo che racconta, attraverso fotografie, manifesti, documenti, giornali e filmati, l’ideazione e la preparazione della “difesa della razza”, che passò attraverso la rivista che portava tale titolo, fino al Regio decreto-legge del novembre 1938. La mostra, allestita oltre un anno fa a Roma dalla Fondazione Museo della Shoah e resa itinerante (contatti all’indirizzo mail info@museodellashoah.it ), ha una forte valenza didattica e divulgativa che permette di focalizzare uno dei periodi certamente più bui della storia d’Italia (1938-1943).
Il 20 e 21 gennaio scorsi si è tenuto l’appuntamento del “Viaggio della memoria” organizzato dal Miur e dall’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) per visitare il ghetto istituito dai nazisti nel 1941 in un quartiere di Cracovia e il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, viaggio al quale hanno partecipato anche un centinaio di studenti italiani che si sono distinti in progetti legati alla Shoah nonché alcuni sopravvissuti ai campi di sterminio, come le sorelle Tatiana e Andra Bucci.
Infatti, gli incontri con persone che vissero quei tragici fatti e soprattutto le testimonianze dei sopravvissuti ai campi di sterminio o dei familiari di vittime delle persecuzioni hanno un grande valore storico e morale. Ma nelle scuole di ogni ordine e grado possono essere organizzati momenti di riflessione anche tramite l’ausilio di testi storici e/o letterari che rimandano a quei tragici eventi, magari semplicemente attraverso la lettura in aula, ad esempio, di alcune pagine de “Il diario di Anna Frank” o dei versi introduttivi del romanzo “Se questo è un uomo” di Primo Levi, sopravvissuto alla deportazione nel campo di concentramento. L’importante è non far cadere nel silenzio il ricordo del genocidio nazista e le riflessioni sulle complicità.
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