Categorie: Attualità

Giorno della Memoria, noi sopravvissuti all’inferno: ancora oggi minoranze a rischio

L’orrore dell’Olocausto rimarrà per sempre: quando non ci saranno più le testimonianze dei sopravvissuti, toccherà ai giovani far tacere i negazionisti.

È questo il senso della toccante testimonianza di Sami Modiano, sopravvissuto ai campi di sterminio, di fronte ai ragazzi riuniti in Campidoglio a Roma per il Giorno della Memoria.

“Ho visto cose che nessuno dovrebbe vedere. Io – ha raccontato Sami Modiano – ero un ragazzo di 13 anni. Quando ce l’hai fatta ti chiedi perché, come possibile uscire vivi dall’inferno. Allora ti chiudi nel silenzio, cerchi di dimenticare ma non puoi: questi occhi hanno visto morire, è impossibile da cancellare”.

La sindaca Virginia Raggi, ascoltando le parole dei sopravvissuti, ha avuto un moto di commozione.

“Pensavo che non sarei stato creduto – ha continuato Sami Modiano – Ma 11 anni fa grazie al mio amico Piero Terracina ho fatto l’esperienza di tornare ad Auschwitz, un dolore enorme. Ogni passo aveva un significato, sentivo le parole di mio padre e vedevo i gesti di mia sorella. Ogni tanto mi giravo e vedevo che nelle mie lacrime c’erano anche le lacrime degli studenti”.

“Questo mi ha risvegliato, questo ha dato un impulso. Questa è stata la scintilla, mi ha fatto capire ‘perché io’. Allora ho giurato di continuare e non fermarmi mai, il Padreterno mi aveva scelto. Questa nuova generazione mi dà la spinta a continuare. Io da 11 anni a questa parte sono l’uomo più felice del mondo, quando me ne andrò via ci saranno loro a parlare al posto mio“, ha concluso il sopravvissuto.

 

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Dopo Modiano ha preso la parola Piero Terracina, anche lui sopravvissuto allo sterminio.

“Io e Sami abbiamo avuto la fortuna di passare la selezione, noi non dovevamo stare nel lager, dovevamo andare direttamente nella camera a gas – il suo ricordo – Quando ci salutavamo la sera rivederci non era una certezza ma una speranza. Birkenau era la fabbrica della morte, si entrava solo per morire. Invece il 27 gennaio aprii la porta della baracca e vidi un soldato che non era un tedesco, e mi fece cenno di rientrare subito. Annunciai ai miei amici che erano arrivati i sovietici. Non ci fu nessuno che disse una parola. Come si poteva gioire? Il campo era pieno dei corpi di quelli che non ce l’avevano fatta. Mi sono trovato a 17 anni solo e disperato”.

Terracina, parla anche di una “grande fortuna: aver ritrovato gli amici, i miei cugini che mi protessero e ho ricominciato a vivere. Ora ci dedichiamo alla testimonianza nei confronti dei giovani. Ogni volta che lo facciamo proviamo dolore – ha concluso Terracina – ma sentiamo il dovere di farlo perché il nostro passato non deve tornare. Ci sono sempre delle minoranze a rischio, vanno protette e non vessate. Questo è il mio messaggio per il futuro”, ha concluso Terracina.

Ecco perché il Gorno della Memoria va mantenuto e salvaguardato: certe testimonianze, certi racconti, con tutte le emozioni e le conoscenze storiche che producono, hanno un altissimo valore formativo.

Alessandro Giuliani

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