Era una fredda giornata del 27 gennaio di 75 anni fa quando le truppe sovietiche dell’Armata rossa che avanzavano verso Berlino raggiunsero il lager presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), abbattendone i cancelli e consentendo quindi ai sopravvissuti di rivelare gli orrori e i crimini infami commessi dai nazisti.
Proprio 20 anni fa nel nostro Paese venne istituito il “Giorno della memoria”, con la legge n. 211/2000, cinque anni prima che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite scegliesse, con risoluzione 60/7 del 2005, la stessa giornata del 27 gennaio, per ricordare lo sterminio del popolo ebraico e le persecuzioni subite da tutti i deportati nei campi nazisti, anche da omosessuali, dai sinti e dai rom, da altre minoranze e dai deportati militari e politici, nonché le leggi razziali in Italia (introdotte nel 1938 dal regime fascista e firmate dall’allora re d’Italia).
Tra i deportati ci fu anche Liliana Segre, allora bambina e una dei pochissimi sopravvissuti al campo di concentramento. Lo scorso 20 gennaio, al Teatro degli Arcimboldi di Milano, Liliana Segre, oggi senatrice a vita ma soprattutto una delle “memorie storiche” di quegli orrori, ha raccontato la sua storia, dall’esclusione dalla scuola in seconda elementare nel 1938 in seguito alle leggi razziali, alla fuga con il padre in Svizzera; e poi la deportazione dal binario 21 della Stazione centrale di Milano, ora Memoriale della Shoah, e la sofferenza nel campo di Auschwitz. All’evento erano presenti diversi studenti e la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Proponiamo anche un videomessaggio di Liliana Segre ospitato nel sito Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite (Uniric).
Ma la ricorrenza del 27 gennaio serve anche per ricordare il ruolo di coloro che si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria incolumità hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Essendo la scuola il luogo più idoneo per trasmettere alle nuove generazioni l’importanza della memoria e per diffondere i valori contenuti nella Carta costituzionale e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, gli istituti di ogni ordine e grado sono invitati a dare ampio spazio a iniziative, cerimonie, momenti di riflessione (anche nei giorni successivi al 27 gennaio), al fine di mantenere vigile la memoria per impedire che la tragedia del nazi-fascismo e gli orrori delle deportazioni e dell’Olocausto possano ripetersi.
Quest’anno per il consueto appuntamento del “Viaggio della memoria” a Cracovia e Auschwitz-Birkenau, organizzato dal Miur in collaborazione con l’Ucei (Unione delle comunità ebraiche), insieme a un centinaio di studenti e ai loro docenti (le scuole sono state selezionate a livello nazionale per i progetti didattici realizzati sul tema della Shoah), erano presenti anche la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, il sottosegretario al Miur Giuseppe De Cristofaro, il presidente dell’Ucei Noemi Di Segni, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini (nel quadro della “Carta d’intenti” tra Miur, Ucei, Csm, Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri e l’Unar-Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, un Accordo che si prefigge di promuovere attività di sensibilizzazione, formazione e studio tra gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado per il contrasto a ogni forma di discriminazione e di violenza).
Nel “viaggio della memoria”, Tatiana Bucci (sopravvissuta insieme alla sorella Andra al campo di sterminio e liberata il 27 gennaio 1945) e Oleg Mandic (anche lui uno degli oltre 200.000 bambini internati ad Auschwitz-Birkenau) hanno portato la testimonianza di quanto vissuto nel lager nazista.
Infatti, un forte impatto emotivo hanno gli incontri con persone che vissero quei tragici fatti e soprattutto le testimonianze dei sopravvissuti ai campi di sterminio o dei familiari di vittime delle persecuzioni. Ma nelle scuole possono essere organizzati momenti di riflessione anche tramite l’ausilio di testi storici e/o letterari che rimandano a quei tragici eventi, magari semplicemente attraverso la lettura in aula, ad esempio, di alcune pagine de “Il diario di Anna Frank” o dei versi introduttivi del romanzo “Se questo è un uomo” di Primo Levi, sopravvissuto alla deportazione nel campo di concentramento. L’importante è non far cadere nel silenzio il ricordo del genocidio nazista e le riflessioni sulle complicità.
Partendo dalla considerazione che “chi non conosce il passato è condannato a ripeterlo”, il ricordo dell’Olocausto rappresenta un monito per il presente e il futuro (in un periodo in cui si diffondono tentativi di “revisionismo” e addirittura di “negazionismo” che tendono a falsificare la drammatica storia che caratterizzò il periodo antecedente la II guerra mondiale, la Shoah, la Resistenza in Italia e in Europa: ecco l’importanza dello studio della storia e detto per inciso sono molto contento che il tema di storia sarà una delle tracce obbligatorie della tipologia B, quella del testo argomentativo, agli esami di Stato) e permette di far maturare nei giovani un’etica della responsabilità individuale e collettiva, dando un contributo alla promozione di una cittadinanza attiva e consapevole e alla realizzazione di una pacifica convivenza.
In Europa si avvertono segnali preoccupanti (ma anche in altre parti del mondo, recentemente in America latina hanno ricominciato ad affermarsi governi autoritari e reazionari), anche attraverso la formazione di forze politiche di estrema destra, ma addirittura una sorta di “centrale europea dei movimenti xenofobi e razzisti”: sul sito “LiveSicilia” abbiamo letto nello scorso mese di novembre di un “raduno internazionale, la ‘Conferenza nazionalista’ di Lisbona, in cui si sono riuniti altri esponenti europei legati a movimenti xenofobi e razzisti. L’obiettivo era quello di creare un’alleanza transnazionale tra i movimenti d’ispirazione nazionalsocialista di Portogallo, Italia, Francia e Spagna”.
E poi casi inquietanti di rigurgiti nazi-fascisti, relativi ad azioni violente, arsenali con armi, progetti di attentati, documenti e reperti di chiara matrice nazi-fascista, aberranti dichiarazioni antisemite, da Nord Sud.
L’impressione è che da più parti vengano sottovalutati episodi di “squadrismo” fascista. In tal senso l’anno è iniziato malissimo: poco dopo la mezzanotte di Capodanno si è registrata a Venezia un’aggressione all’ex deputato Arturo Scotto intervenuto per invitare alcuni giovani neofascisti a smetterla con i cori vergognosi contro Anne Frank, con frasi che inneggiavano al duce: per tutta risposta prima il “saluto romano” con il braccio teso, poi spinte, calci e pugni cadenzando ogni colpo con l’urlo “duce! duce!”. Infine, prima di scappare vigliaccamente coprendosi il volto, il “branco” (erano una decina, si fanno forti di questo) hanno aggredito e “pestato” un ragazzo ventenne che coraggiosamente era intervenuto da solo (gli altri accanto dormivano?!) per difendere Scotto.
Ma i casi sono purtroppo tanti e l’estremismo di destra cerca di inserirsi in molti ambienti soprattutto giovanili (gli esempi, anche recenti, nel mondo del calcio, con l’infiltrazione nelle curve in particolare di alcune tifoserie, ne sono una testimonianza).
Proprio in questi giorni c’è stato l’episodio di Mondovì: la scritta “Juden hier” (“Qui c’è un ebreo”) è comparsa (come avveniva nelle città tedesche durante il nazismo) sulla porta di un’abitazione, quella di Aldo Rolfi, figlio di Lidia, partigiana internata nel campo di concentramento di Ravensbruck. Il sindaco della cittadina piemontese, peraltro condannando ovviamente il gesto criminale e vile, definendolo “un atto gravissimo e vergognoso”, ha ricordato come Mondovì, in provincia di Cuneo, sia “Città Medaglia di Bronzo al Valor Militare nella Guerra di Liberazione”.
La scritta è apparsa dopo che Aldo è intervenuto su un giornale locale per ricordare sua madre. “Al di là della patente ignoranza – Lidia è stata una deportata politica – è uno dei molti segnali che ci dovrebbero fare alzare la voce per ricordare a tutti che essere antifascisti è il primo dovere della memoria che abbiamo” ha commentato lo storico Bruno Maida che con Lidia Rolfi ha scritto diversi libri sulla deportazione, l’ultimo nel 1996.
Ma concludiamo con qualcosa di meno “truce”, ricordando che sono state e saranno ancora molte le iniziative nel contesto del “Giorno della memoria”.
Ne segnaliamo due a Roma: lunedì 27 gennaio, alle ore 16.00, presso la Casina dei Vallati, sede della Fondazione Museo della Shoah (Via del Portico d’Ottavia 29), si inaugura la mostra “Shoah. L’infanzia rubata”, che sarà visitabile fino al 24 luglio 2020. L’esposizione ripercorre idealmente la negazione dei diritti fondamentali dei bambini ebrei in tutta Europa durante gli anni della persecuzione nazi-fascista.
Il 30 gennaio, alle ore 15.30, avrà luogo il convegno “La Sapienza chiede scusa. Leggi razziali, la scuola e l’accademia: riflessioni e testimonianze”, organizzato presso l’edifico della facoltà di giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Infine, per quanto riguarda la scuola ricordiamo che è prevista la premiazione degli istituti scolastici proclamati vincitori del concorso “I giovani ricordano la Shoah”, promosso dal Miur in collaborazione con l’Ucei e rivolto agli alunni al fine di approfondire studi e ricerche.
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