Ogni anno le imprese cercano 20mila diplomati provenienti dagli Istituti Tecnici Superiori, ma ne trovano solo 5 mila: si tratta di un vero paradosso se solo si pensa che gli ultimi dati Istat ci dicono che in Italia si è toccato il record del tasso di disoccupazione tra i giovani al 33% negli ultimi tre anni, 5,4 punti in più dell’ultima rilevazione. Per cercare di innalzare i numeri dei diplomati specializzati, sono nati gli Its Pop Days, una sorta di fiera virtuale degli Istituti Tecnici Superiori, la prima nel suo genere, organizzata da Confindustria e Umana, in collaborazione con Indire.
Si conferma, quindi, l’incredibile disinteresse per questo segmento dell’istruzione professionalizzante terziaria in cui, grazie al contatto diretto con il mondo produttivo, i ragazzi maturano competenze nell’innovazione tecnologica multidisciplinare e digitale: un investimento sul futuro che è necessario promuovere attraverso un percorso di informazione e orientamento dedicato ai giovani e alle loro famiglie.
Il focus su quelle che risultano delle Accademie del Made in Italy si svilupperà fino al 7 maggio, con migliaia di studenti e docenti che avranno la possibilità di navigare tra gli stand virtuali di 92 Fondazioni Its iscritte tra le 109 presenti in Italia, così da dialogare con loro in diretta tramite live chat, oltre ad assistere a incontri e webinar tematici sulla formazione, sul lavoro e sul futuro delle nuove generazioni.
Attraverso i fondi europei del Recovery plan, agli Its arriverà un miliardo e mezzo, considerando che tra le priorità del Pnrr c’è proprio la formazione e l’occupazione giovanile.
L’Indire, del resto, ha calcolato che nel 2020 l’80,1% dei diplomati in queste eccellenze del territorio ha trovato lavoro a un anno dal diploma, con punte che hanno raggiunto il 100%, e il 92% ha trovato un impiego in un’area coerente con il proprio percorso formativo.
Di questa anomali tutta italiana ha parlato anche il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi all’apertura dell’Its Pop Days.
“Credo sia fondamentale iniziare a fare emozionare i ragazzi rispetto a questa possibilità di fare una scuola, l’Its, che sia un pezzo importante della loro vita: stiamo lavorando anche con diversi media per narrare e fare più storia dei ragazzi che hanno già fatto questa esperienza”.
Secondo Bianchi bisogna “riuscire a raccontare la storia dei ragazzi che hanno frequentato questi istituti e oggi sono pezzi importanti del rilancio del paese”.
Il problema, ha detto, è che “gli Its non convincono, devono raccontarsi di più, devono spiegare di più, narrare le persone che ci sono dentro”.
Il ministro ha ricordato che “la domanda e l’offerta non coincidono in Italia, da una parte ci sono i giovani disoccupati, dall’altra imprese che non trovano lavoratori”.
Comunque, ha continuato Bianchi, “stiamo aumentando l’attenzione alle Fondazioni che devono avere più corsi. Dobbiamo spiegare ai ragazzi che l’Its non è una scuola o una università ma è un percorso con una propria autonomia didattica, una parte di attività è frontale e poi c’è tanta attività in impresa, che diventa luogo educativo, questa è la parte nuova. Il ruolo dell’università è di trasferire ricerca e innovazione”, ha proseguito il ministro.
Secondo Bianchi, però, “non siamo all’inizio: oltre 100 istituti stanno compiendo questo lavoro. Abbiamo da 10 anni sviluppato un modello che ha una propria identità pur partendo dal modello tedesco ma non coincidendo con questo”.
Il titolare del Mi ha assicurato che si sta “lavorando: vi sono in Parlamento cinque progetti di legge per la riforma degli Its”, di cui hanno parlato solo qualche giorno fa in audizione presso la Commissione Cultura alla Camera i rappresentanti delle Fondazioni Its componenti della Cabina di regia nazionale Its.
“Dal canto nostro noi abbiamo messo a punto una struttura a supporto degli Its e c’è una azione promozionale da fare presso le famiglie”, ha concluso Bianchi.
“Gli iscritti agli ITS – ha detto Giovanni Brugnoli, vicepresidente per il Capitale Umano di Confindustria – sono ancora troppo pochi, in media 19mila l’anno, contro i 200mila dei percorsi professionalizzanti terziari francesi e gli 800mila tedeschi”.
“L’Italia – ha continuato – è il secondo paese manifatturiero in Europa ma senza orientare i ragazzi e le ragazze verso la “seconda gamba” dell’istruzione terziaria, che sono gli ITS quale alternativa all’università, non riusciremo a competere in un mondo sempre più interconnesso e tecnologico, perché i “super-tecnici” avranno sempre più un ruolo chiave”.
“È il momento degli ITS, uno strumento formativo professionalizzante capace di aprire direttamente le porte del mondo del lavoro. Formazione qualificata, occupabilità altissima, collegamento con le forze produttive del territorio: gli ITS – ha spiegato Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana – sono la risposta al mismatch di competenze fra i giovani in uscita dalla scuola e quel che cercano le imprese, ma sono anche una risposta concreta di qualità alle aspettative di futuro di ragazzi e famiglie”.
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