I social e internet contengono diversi aspetti positivi: favoriscono le interazioni; aprono al mondo; fanno interagire in modo attivo, a differenza dalla tv. E tanto altro. Tuttavia, il tempo che i nativi digitali passano su Facebook, WhatsApp, web e altro si è mostruosamente allungato. Molti genitori sono preoccupati di questa connessione permanente, anche perché parallelamente il tempo dedicato ai rapporti reali, face to face, si sono sempre più ridotti.
Storie di violenze contro i prof a causa dell’uso degli Smartphone in classe
Gli insegnanti non sono da meno, visto che sempre più spesso nelle classi si assiste a discussioni tra docenti e discenti perché questi ultimi non riescono a distaccarsi dallo Smartphone nemmeno durante le ore di lezione. Anzi, il telefono cellulare diventa lo strumento per comunicare ai propri genitori, di nascosto sotto il banco, le valutazioni prese, quindi praticamente in tempo reale. Ma anche i rimproveri. Tanto è vero che, non di rado, qualche familiare si presenta a scuola in pochi minuti, per scagliarsi contro i prof insolenti (che si sono permessi di giudicare negativamente il “pargolo”) e mandarli pure all’ospedale. Qualche volta sono gli stessi alunni che si ribellano e fanno giustizia malmenando i loro docenti.
Il via libera della Fedeli per l’uso didattico: nessuna controindicazione?
Il fenomeno non sembrerebbe preoccupare il Miur, considerato che la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha più volte auspicato l’adozione degli Smartphone in classe per uso didattico, non considerando eventuali contromisure (come fa un docente a controllare che 25-30 alunni non aprano “pagine” parallele?).
“A scuola ci sono già tantissimi device – ha detto qualche giorno fa la Fedeli -: il tema è regolarli. Questa è anche la condizione non solo per dare gli strumenti, accompagnare nell’utilizzo del digitale ma significa anche educare a tempi e modalità di contenuto nell’utilizzo deidevice“.
In Gran Bretagna si passa alle contromisure
Mentre esperti, pedagogisti e formatori si interrogano sul perché si è giunti ad un abuso, con diversi giovani che sembrano quasi “drogati” di internet e social, c’è anche qualche istituzione che vuole passare ai fatti. Come il governo britannico che pensa a porre un limite di tempo all’uso dei social media da parte degli adolescenti: a riferirlo, il 10 marzo, è stato il ministro per la digitalizzazione Matt Hancock al Times di Londra.
La contromisura, ripresa dalle agenzie di stampa, sarebbe quella di imporre un limite di qualche ora alle navigazioni online, nel tentativo di gestire il “west selvaggio” di internet.
“C’è una sincera preoccupazione per il tempo speso dai giovani davanti allo schermo, e l’impatto negativo che potrebbe avere sulle loro vite”, ha detto il ministero d’Oltre Manica. Perché, ha concluso, “è giusto pensare a cosa possiamo fare in questo ambito”.
Così, mentre in Italia si introduce nel contratto di lavoro della Scuola il “diritto alla disconnessione” da parte del personale, altrove si pensa di normarlo come dovere per gli studenti: è proprio il caso di dire che il mondo è bello perchè e vario.