Il Governo Meloni sta studiando cosa fare per rispondere all’aumento esponenziale di violenza, stupri e femminicidi. Tra le proposte all’esame dell’esecutivo ve ne è una che sta facendo discutere: lanciarla è stata la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, che ha chiesto di introdurre una norma per impedire ai minori di accedere ai contenuti pornografici proposti dal web: una sorta di blocco informatico che fornirebbe una risposta concreta agli stupri, ad opera di giovanissimi, come accaduto nei giorni scorsi a Palermo e Caivano.
Le parole della ministra per la Famiglia sembra raccogliere, quindi, l’appello di don Patriciello, secondo il quale è giunta l’ora di “oscurare i porno ai più giovani”.
Nei giorni scorsi sempre la ministra Roccella aveva espresso favore per le dichiarazioni dell’attore Rocco Siffredi, noto nell’ambiente pornografico, che si era detto favorevole nell’impedire ai ragazzi l’accesso dei contenuti hard proposti dall’on line, anche perché, aveva sottolineato, qualcuno deve prima spiegare loro che “si tratta di finzione e non di realtà”.
Sulla proposta della titolare del dicastero della Famiglia Eugenia Roccella, di impedire l’accesso ai siti porno ai minori, si è espressa anche la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini: parlando a margine del Forum Ambrosetti a Cernobbio, Bernini ha tenuto a dire che sono coinvolte “tutte le agenzie di senso: cioè la famiglia, la scuola, ovviamente il governo, ovviamente il legislatore, devono misurarsi e cercare di trovare un’equa misura”.
“Non esiste la censura ma – ha sottolineato la ministra – esiste una protezione per i minori che è fondamentale garantire. Quindi come sempre tutti devono fare la loro parte, tutti devono cercare di mettere i minori in condizione di assistere agli spettacoli che sono compatibili con la loro età”.
Intanto, sugli “avvenimenti di Palermo e di Caivano che hanno sconvolto l’opinione pubblica” tornano a parlare anche le associazioni degli studenti: l’Unione degli Studenti, in particolare, critica la decisione del “ministro dell’istruzione e del merito Valditara di promettere di portare nelle scuole ‘l’educazione al rispetto’, con processi didattici che permettano oltre alla presenza di esperti anche didattica peer to peer. Da anni gli studenti pretendono l’educazione sessuale”.
Per eBianca Chiesa, coordinatrice nazionale Uds, i giovani chiedono “che ogni scuola del Paese sia presidio di educazione sessuale e che quest’ultima sia laica, obbligatoria e che parta dalle scuole dell’infanzia e permei ogni ordine e grado dell’istruzione come servizio continuativo per sviluppare una società libera dalle discriminazioni”.
“Questo perché – continua Chiesa – crediamo ci sia la necessità di darci collettivamente strumenti di autodeterminazione e conoscenza, perché essere adulti, ad oggi, non corrisponde obbligatoriamente ad essere informati e capaci di insegnare cosa significa consenso. Al ministro Valditara rispondiamo che i processi didattici da lui nominati stridono con il modello di scuola perseguito dall’attuale Governo e con le politiche degli ultimi anni, basate sull’aziendalizzazione e la competitività”.
“Proprio per questo – sostiene Tess Kucich, coordinatore nazionale della Rete Della Conoscenza – da anni lottiamo avanzando proposte come questa, che sono essenziali perché la didattica nel suo complesso, non solo relativamente a quella sessuale, riesca a coinvolgere la popolazione studentesca e a metterla al centro del processo educativo. Pretendiamo che il ministro metta al centro gli studenti anche nella costruzione del progetto di educazione sessuale che ci si sta immaginando e che questa non sia volta a promuovere una generica ‘cultura del rispetto’, quanto un approccio sistemico di cura basato sul consenso”.
Il 17 novembre, giornata internazionale dello studente, “saremo nelle piazze di tutto il Paese per pretendere un modello di scuola differente, trasfemminista ed inclusivo”, conclude la studentessa.
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