“Alla nostra età è difficile sentirsi amati”. “Scusatemi, ma non riesco più ad avere a scuola il solito rendimento”. Sono messaggi che fanno pensare quelli lasciati dai tre studenti della scuola italiani che nei giorni scorsi si sono lasciati andare dalla finestra per un malessere più grande di loro. Due, un liceale di Milano e una dodicenne di Reggio Emilia, se ne sono andati così, senza una spiegazione: erano bravi ragazzi e, in apparenza, senza problemi alle spalle. Se non quello, evidentemente, di essere così fragili da non vedere più vie d’uscita che il suicidio. Il terzo, una studentessa di 16 anni, milanese d’adozione e originaria dello Sri Lanka, si è gettata del corridoio del terzo piano del Liceo Scientifico Statale Albert Einstein di Milano: ha riportato, dopo un volo di 16 metri dalla biblioteca al piano rialzato, un “grave trauma toraco-addominale” e diverse fratture, ma è stata operata e dovrebbe farcela.
Gli episodi, accaduti nei primi giorni del 2010, hanno fatto emergere le note problematiche adolescenziali, spesso latenti, almeno agli occhi degli adulti, dovute ad emozioni intense e profonde non sempre controllabili. Emozioni che, a volte, sempre più spesso, portano a gesti estremi.
Ma come è possibile che ciò accada, spesso durante le lezioni, senza alcuna avvisaglia o piccole spie? “A volte – spiega Fabio Sbattella, docente di psicologia dello sviluppo all’università Cattolica di Milano – neanche il compagno di banco riesce a coglierle”. Ma, quando vengono espresse, vanno sempre prese sul serio, perché quello dell’adolescenza è un momento di cambiamento molto delicato e problemi risolvibili possono essere interpretate come insormontabili difficoltà. “Come tutte le fasi di cambiamento – continua l’esperto – quella dell’adolescenza è una fase in cui la persona è particolarmente fragile”.
Al punto che un gesto di questo genere possa essere scambiato come la via d’uscita da un tunnel di sofferenze. E se ad intraprenderlo anche altri coetanei si potrebbe innescare anche un pericoloso percorso: quello che porta ad imitare il gesto autolesionista: “Il rischio di emulazione esiste – ha detto un’insegnante di educazione fisica dell’Einstein subito dopo che una delle sue allieve si era lanciata inspiegabilmente dalla finestra – perché può capitare che ci siano situazioni che portino i ragazzi a sentirsi degli estranei”. E’ quanto ha affermato
Al punto che un gesto di questo genere possa essere scambiato come la via d’uscita da un tunnel di sofferenze. E se ad intraprenderlo anche altri coetanei si potrebbe innescare anche un pericoloso percorso: quello che porta ad imitare il gesto autolesionista: “Il rischio di emulazione esiste – ha detto un’insegnante di educazione fisica dell’Einstein subito dopo che una delle sue allieve si era lanciata inspiegabilmente dalla finestra – perché può capitare che ci siano situazioni che portino i ragazzi a sentirsi degli estranei”. E’ quanto ha affermato
“E’ un rischio effettivo – ammette Sbattella – perché abbiamo diverse ricerche che dimostrano che quando viene enfatizzato un gesto autolesivo molte persone in crisi meditano che quella possa essere una soluzione e una occasione di visibilità, o vendetta. E questa è una tendenza ancora più accentuata negli adolescenti, perché i momenti di crescita portano sempre con sé una rielaborazione della propria idea della morte. Non a caso, i film di vampiri e di terrore hanno molta presa sugli adolescenti“.
A sostenere questa tesi è anche Giuseppe Dell`Acqua, direttore del centro di salute mentale di Trieste: “L’effetto mediatico – sostiene – può spingere i ragazzi all’emulazione, occorre stare molto attenti a come si raccontano queste storie. L’adolescenza è l’età dell’estremismo. Gli innamoramenti sono totali, le passioni assolute. Di solito, per fortuna, non si arriva al gesto estremo del suicidio. Il passaggio all’atto del suicidio arriva quando si ha una profonda convinzione che il futuro non c’è più, che non si può fare più nulla, che tutto precipita”. C’è però un antidoto per cercare di evitare che si arrivi a determinati atti: quando scatta il campanello d’allarme, famiglie, docenti e amici hanno l’obbligo di provare sempre ad adottarlo, prima che sia troppo tardi. “Le cose più importanti – di il direttore – sono l’ascolto e la socializzazione. Occorre aiutare i ragazzi a dire con più facilità le cose che si muovono dentro di loro. In questo proprio la scuola ha una grande responsabilità“.
A sostenere questa tesi è anche Giuseppe Dell`Acqua, direttore del centro di salute mentale di Trieste: “L’effetto mediatico – sostiene – può spingere i ragazzi all’emulazione, occorre stare molto attenti a come si raccontano queste storie. L’adolescenza è l’età dell’estremismo. Gli innamoramenti sono totali, le passioni assolute. Di solito, per fortuna, non si arriva al gesto estremo del suicidio. Il passaggio all’atto del suicidio arriva quando si ha una profonda convinzione che il futuro non c’è più, che non si può fare più nulla, che tutto precipita”. C’è però un antidoto per cercare di evitare che si arrivi a determinati atti: quando scatta il campanello d’allarme, famiglie, docenti e amici hanno l’obbligo di provare sempre ad adottarlo, prima che sia troppo tardi. “Le cose più importanti – di il direttore – sono l’ascolto e la socializzazione. Occorre aiutare i ragazzi a dire con più facilità le cose che si muovono dentro di loro. In questo proprio la scuola ha una grande responsabilità“.